Carrà – La pittura dei suoni, rumori e odori

11 Agosto, 1913.

Prima del 19° secolo, la pittura fu l’arte del silenzio. I pittori dell’antichità, del Rinascimento, del Seicento e del Settecento non intuirono mai la possibilità di rendere pittoricamente i suoni, i rumori, e gli odori, nemmeno quando scelsero a tema delle loro composizioni fiori, mari in burrasca e cieli in tempesta.
Gl’impressionisti, nella loro audace rivoluzione fecero qualche confuso e timido tentativo di suoni, e rumori pittorici.

Prima di loro, nulla, assolutamente nulla!
Però dichiariamo subito che dal brulichìo impressionista alla nostra pittura futurista dei suoni, rumori e odori c’è un’enorme differenza, come fra un brumoso mattino invernale e un torrido e scoppiante meriggio d’estate, o, meglio ancora, come fra i primi accenni della gravidanza e l’uomo nel pieno sviluppo delle sue forze. Nelle loro tele i suoni e i rumori sono espressi in modo così tenue e sbiadito come se fossero stati percepiti dal timpano di un sordo. Non è il caso di fare qui una disamina particolareggiata dei principii e delle ricerche degl’impressionisti. Non è il caso d’indagare minuziosamente tutte le ragioni per le quali i pittori impressionisti non giunsero alla pittura dei suoni, dei rumori e degli odori. Diremo soltanto che essi, per ottenere questo risultato avrebbero dovuto distruggere:
1. Il volgarissimo trompe-l’oeil prospettico, giochetto degno tutt’al più di un accademico, tipo Leonardo, o di un balordo scenografo per melodrammi veristi.
2. Il concetto dell’armonia coloristica, concetto e difetto caratteristico dei Francesi, che li costringe fatalmente nel grazioso, nel genere Watteau, e perciò nell’abuso del celestino, del verdino, del violettino e del roseo. Abbiamo già detto più volte quanto disprezziamo questa tendenza al femminile, al soave, al tenero.
3. L’idealismo contemplativo, che io ho definito mimetismo sentimentale della natura apparente. Questo idealismo contemplativo contamina le costruzioni pittoriche degl’impressionisti, come contaminava già quelle dei loro predecessori Corot e Delacroix.
4. L’aneddoto e il particolarismo che (pure essendo, come reazione, un antidoto alla falsa costruzione accademica) li trascina quasi sempre nella fotografia.
Quanto ai post e neo -impressionisti, come Matisse, Signac e Seurat, noi constatiamo che, ben lungi dall’intuire il problema e dall’affrontare le difficoltà del suono e del rumore e dell’odore in pittura, essi preferirono rinculare nella statica, pur di ottenere una maggior sintesi di forma e di colore (Matisse) e una sistematica applicazione della luce (Seurat, Signac).
Noi futuristi affermiamo dunque che portando nella pittura l’elemento suono, l’elemento rumore e l’elemento odore tracciamo nuove strade. Abbiamo già creato negli artisti l’amore per la vita moderna essenzialmente dinamica, sonora rumorosa e odorante, distruggendo la stupida mania del solenne, del togato, del sereno, dell’ieratico, del mummificato, dell’intellettuale, insomma.
L’immaginazione senza fili, le parole in libertà, l’uso sistematico delle onomatopee. La musica antigraziosa senza-quadratura ritmica e l’arte dei rumori sono scaturiti dalla stessa sensibilità che ha generato la pittura dei suoni, dei rumori e degli odori.
E’ indiscutibile che: 1. il silenzio è statico e che i suoni, rumori e odori sono dinamici; 2. suoni, rumori e odori non sono altro che diverse forme e intensità di vibrazione; 3. qualsiasi succedersi di suoni, rumori odori stampa nella mente un arabesco di forme e di colori. Bisogna dunque misurare queste intensità e intuire questo arabesco.
La pittura dei suoni, dei rumori e degli 
odori nega:
1. Tutti i colori in sordina, anche quelli ottenuti direttamente, senza il sussidio trucchistico delle pàtine e delle velature.
2. Il senso tutto banale del velluto, della sete delle carni troppo umane, troppo fini, troppo morbide e dei fiori troppo pallidi e avvizziti.
3. I grigi, i bruni, e tutti i colori fangosi.
4. L’uso dell’orizzontale pura, della verticale pura e di tutte le linee morte.
5. L’angolo retto, che chiamiamo apassionale.
6. Il cubo, la piramide e tutte le forme statiche.
7. L’unità di tempo e di luogo.
La pittura dei suoni, dei rumori e degli 
odori vuole:
1. I rossi, rooooosssssi roooooosssissssimi che griiiiiiidano.
2. I verdi i non mai abbastanza verdi, veeeeeerdiiiiiissssssimi, che striiiiiidono; i gialli non mai abbastanza scoppianti; i gialloni-polenta; i gialli-zafferano; i gialli-ottoni.
3. Tutti i colori della velocità, della gioia, della baldoria, del carnevale più fantastico, dei fuochi di artifizio, dei café-chantants e dei music-halls, tutti i colori in movimento sentiti nel tempo e non nello spazio.
4. L’arabesco dinamico come l’unica realtà creata dall’artista nel fondo della sua sensibilità.
5. L’urto di tutti gli angoli acuti, che già chiamammo gli angoli della volontà;
6. Le linee oblique che cadono sull’animo dell’osservatore come tante saette dal cielo, e le linee di profondità.
7. La sfera, l’ellissi che turbina, il cono rovesciato, la spirale e tutte le forme dinamiche che la potenza infinita del genio dell’artista saprà scoprire.
8. La prospettiva ottenuta non come oggettivismo di distanza ma come compenetrazione soggettiva di forme velate o dure, morbide o taglienti.
9. Come soggetto universale e sola ragione d’essere del quadro, la significazione della sua costruzione dinamica (insieme architetturale polifonico). Quando si parla di architettura si pensa a qualche cosa di statico. Ciò è falso. Noi pensiamo invece a una architettura simile all’architettura dinamica musicale resa dal musicista futurista Pratella. Architettura in movimento delle nuvole, dei fumi nel vento, e delle costruzioni metalliche quando sono sentite in uno stato d’animo violento e caotico.
10. Il cono rovesciato (forma naturale dell’esplosione), il cilindro obliquo e il cono obliquo.
11. L’urto di due coni per gli apici (forma naturale della tromba marina) coni flettili o formati da linee curve (salti di clown, danzatrici);
12. La linea a zig-zag e la linea ondulata.
13. Le curve elissoidi considerate come rette in movimento;
14. Le linee, i volumi e le luci considerati come trascendentalismo plastico, cioè secondo il loro caratteristico grado d’incurvazione o di obliquità, determinato dallo stato d’animo del pittore.
15. Gli echi di linee e volumi in movimento.
16. Il complementarismo plastico (nella forma e nel colore) basato sulla legge dei contrasti equivalenti e sull’urto dei colori più opposti dell’iride. Questo complementarismo è costituito da uno squilibrio di forme (perciò costrette a muoversi). Conseguente distruzione dei pendants di volumi. Bisogna negare questi pendants di volumi, poiché simili a due grucce non permettono che un solo movimento avanti e indietro e non quello totale, chiamato da noi espansione sferica nello spazio.
17. La continuità e la simultaneità delle trascendenze plastiche del regno minerale, del regno vegetale, del regno animale e del regno meccanico.
18. Gl’insiemi plastici astratti, cioè rispondenti non alle visioni ma alle sensazioni nate dai suoni, dai rumori, dagli odori, e da tutte le forze sconosciute che ci avvolgono.
Questi insiemi plastici, polifonici e poliritmici astratti risponderanno a necessità di disarmonie interne che noi, pittori futuristi, crediamo indispensabili alla sensibilità pittorica. Questi insiemi plastici sono, per il loro fascino misterioso, più suggestivi di quelli creati dal senso visivo e dal senso tattile, perché più vicini al nostro spirito plastico puro.
Noi pittori futuristi affermiamo che i suoni, i rumori e gli odori si incorporano nell’espressione delle linee, dei volumi e dei colori, come le linee, i volumi e i colori s’incorporano nell’architettura di un’opera musicale. Le nostre tele esprimeranno quindi anche le equivalenze plastiche dei suoni, dei rumori e degli odori del Teatro, del MusicHall, del cinematografo, del postribolo, delle stazioni ferroviarie, dei porti, dei garages, delle cliniche, delle officine, ecc. ecc. 
Dal punto di vista della forma: vi sono suoni, rumori e odori concavi e convessi, triangolari, elissoidali, oblunghi, conici,sferici, spiralici, ecc.
Dal punto di vista del colore: vi sono suoni, rumori e odori gialli, rossi, verdi, turchini, azzurri e violetti.
Nelle stazioni ferroviarie, nelle officine, in tutto il mondo meccanico e sportivo, i suoni, i rumori e gli odori sono in predominanza rossi; nei ristoranti e nei caffè sono argentei, gialli e viola. Mentre i suoni i rumori e gli odori degli animali sono gialli e blu, quelli della donna sono verdi, azzurri e viola.
Non esageriamo affermando che gli odori bastano da soli a determinare nel nostro spirito arabeschi di forme e di colori tali da costituire il motivo e giustificare la necessità di un quadro. Tanto è vero che se noi ci chiudiamo in una camera buia (in modo che il senso della vista non funzioni) con dei fiori, della benzina o con altre materie odorifere, il nostro spirito plastico elimina a poco a poco le sensazioni di ricordo e costruisce degl’insiemi plastici specialissimi e in perfetta rispondenza di qualità, di peso e di movimento con gli odori contenuti nella camera. Questi odori, mediante un processo oscuro, sono diventati forza-ambiente determinando quello stato d’animo che per noi pittori futuristi costituisce un puro insieme plastico.
Questo ribollimento e turbine di forme e di luci sonore, rumorose e odoranti è stato reso in parte di da me nel Funerale Anarchico e in Sobbalzi di fiacre, da Boccioni negli Stati d’animo e nelle Forze d’una strada, da Russolo nella Rivolta e da Severini nel Pan-Pan, quadri violentemente discussi nella nostra prima esposizione di Parigi (febbraio 1912). Questo ribollimento implica una grande emozione e quasi un delirio nell’artista, il quale per dare un vortice, deve essere un vortice di sensazioni, una forza pittorica, e non un freddo intelletto logico.
Sappiatelo dunque! Per ottenere questa pittura totale, che esige la cooperazione attiva di tutti i sensi, pittura-stato animo-plastico dell’universale, bisogna dipingere, come gli ubbriachi cantano e vomitano, suoni, rumori e odori!

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