La scuola siciliana.

In Italia hanno sempre convissuto diverse identità culturali e, sopratutto in passato, il susseguirsi di regni ed invasioni, ha contribuito a questa molteplicità che ha molto influenzato l’arte nelle sue varie espressioni
Una testimonianza interessante la abbiamo dalla cultura che si sviluppa sotto il regno di Federico II di Svevia. Nel periodo in cui governa nell’Italia meridionale, nasce un movimento culturale che verrà poi nominato “scuola siciliana”; non una scuola vera e propria, istituzionalmente dichiarata, ma un movimento di pensiero che coinvolge la filosofia e la letteratura. Federico era un sovrano molto colto, conosceva il greco, il latino, parlava francese, tedesco e si interessò di valorizzare il volgare siciliano.
Era a tutti gli effetti un sovrano illuminato; il suo regno visse un momento di pace e rinascita culturale.
La scuola siciliana si sviluppa tra il 1230 e il 1250; gli scrittori che ne fecero parte erano uomini appartenenti alla borghesia, ricoprivano cariche pubbliche e amministrative all’interno del regno. La lingua che utilizzavano derivava in parte dal latino e in parte dalla lingua provenzale.
Il tema trattato nella loro poesia è quello dell’amore di tipo cortigiano, nel quale ad una donna, consapevole del suo fascino, si contrappone il “vassallo d’amore” che ama in piena fedeltà e dedizione.
Fondamentale caratteristica di questo gruppo è di essere laico, si slega del tutto dalla chiesa cattolica contro la quale si scontra apertamente lo stesso Federico II.
Il merito della scuola siciliana sta prima di tutto nell’invenzione linguistica, che arriva a forme di raffinata eleganza espressiva, utilizzando metafore ricercate e complesse.
Tra i maggiori interpreti del movimento letterario abbiamo Jacopo Da Lentini, al quale viene attribuita anche l’invenzione del sonetto, forma metrica che verrà poi adottata in tutta Europa, Ruggieri d’Amici, Odo delle Colonne, Rinaldo d’Aquino, Arrigo Testa, Guido delle Colonne, Pier della Vigna, Stefano Protonotaro, Filippo da Messina, Mazzeo di Ricco, Jacopo Mostacci, Percivalle Doria, Re Enzo, Giacomino Pugliese,  Cielo d’Alcamo, Tommaso di Sasso, Giovanni di Brienne, Compagnetto da Prato, Paganino da Serzana e Folco di Calavra.
La scuola non sopravviverà dopo la caduta degli svevi, ma si sposterà al nord. Come sia accaduto è difficile dirlo, ma saranno i poeti toscani ad ereditare questa cultura. Non scriveranno più solo d’amore ma introdurranno la poesia politica, più adatta ad esprimere gli ideali di una certa borghesia dedita alla riflessione morale, in un periodo storico che vede emergere le classi comunali.

Federico II di Svevia
Federico II di Svevia
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