Unastoria di Gipi e il Premio Strega 2014: considerazioni a caldo

Copertina di Unastoria di Gipi

Unastoria di Gipi è la prima graphic novel ad arrivare tra i 12 finalisti del Premio Strega. Tuttavia la sua candidatura ha aperto un dibattito molto interessante: i fumetti meritano di vincere un premio dedicato ai libri?

Qualora ci chiedeste se un fumetto possa essere trattato alla pari di un libro noi rispondiamo di no. E non perché sia una cultura inferiore o una letteratura di serie B: il fumetto, semplicemente, è un’arte con il suo linguaggio e i suoi codici, così come lo è il cinema, la letteratura e la musica. Per questo motivo, la candidatura di Gipi al Premio Strega 2014 è da leggersi non tanto come una rinascita del fumetto o un riconoscimento particolare del suo status di arte (o peggio, di letteratura alta), bensì come un pastrocchio difficilmente decifrabile.

Perché un fumetto è stato candidato al Premio Strega 2014?

Se fosse un’eccezione la saluteremo tutti con grande garbo e stima, anche per dare nuovo lustro a un Premio che anno dopo anno delude nel suo conformismo e facendo più rumore per le polemiche che ne seguono piuttosto che alla qualità del vincitore. Ma trattare Unastoria come un qualsiasi libro di narrativa allo stesso tempo si pone come uno schiaffo al fumetto in generale: la scelta di Domenico Procacci di candidarlo al Premio Strega è stata coraggiosa, nella speranza sia stata fatta per sferzare il conformismo che da anni domina il premio letterario più importante d’Italia.

Che differenza c’è tra una graphic novel e un romanzo?

Detto questo non possiamo fare confusione: Unastoria, così come qualsiasi altra graphic novel, non può essere paragonata a un romanzo per un semplice motivo, che non sta nel contenuto o nella inutile categorizzazione (serie A e serie B), quanto nella forma. Uno scrittore può impiegare giorni e giorni prima di regalare a una frase l’espressione e la forma giusta per essere compresa dal lettore e allo stesso tempo mantenere inalterata la sua bellezza. Allo stesso modo, anche un disegnatore può impiegare giorni e settimane prima di realizzare la tavola perfetta che racchiuda il senso di una scena o un concetto, aiutandosi magari anche con la didascalia o con il testo. Se dovessimo semplificare questo concetto, diremmo semplicemente che mentre il fumettista ha in una mano una matita e nell’altra la penna, lo scrittore ha solo una penna. E con quella deve esprimere a parole messe in una forma sensata un contenuto che potrebbe essere più facile e diretto trasmettere in un’immagine.

Graphic novel e romanzo, ovvero lettore passivo e lettore attivo

Nella graphic novel il lettore è passivo, perché non può immaginarsi un’altra immagine di quella che gli viene proposta. Nel romanzo, invece, il lettore è attivo, perché può, anzi, “deve” immaginare il mondo descritto dall’autore, che sia una particolare stanza o un universo dettato da determinate quanto improbabili leggi della fisica. Con questo non si vuole dire che il fumettista abbia un compito più facile dello scrittore, anzi, semmai il contrario, visto che il primo deve barcamenarsi tra due modi di comunicare (il testo e il disegno), mentre lo scrittore deve concentrare tutti i suoi sforzi solo sul primo aspetto, il che non lo rende più facile. Insomma, non è una gara a chi fa prima a comunicare meglio un concetto, piuttosto un modo per evidenziare quanto i due media (fumetto e letteratura) siano diversi, seppur parenti stretti.

Insomma, mettiamoci d’accordo

Quindi, oltre al problema della forma, sovviene anche la questione dell’interazione con il lettore. Sostanzialmente è come se candidassimo La grande bellezza al Premio Strega solo perché ha una buona sceneggiatura. O ancora una canzone di Fabrizio De Andrè solo perché il testo fa venire i brividi. Dopotutto anche quella di De Andrè è ottima letteratura, no?

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