Blues in Sedici, Ballata della città dolente. Stefano Benni

Blues in sedici - Benni

Esiste un genere nella musica che si identifica col nome di “Blues”. Nella sua forma standard si caratterizza per una struttura ripetitiva di dodici battute e per la presenza delle Blue Note. Blues è sinonimo di tristezza, di nostalgia, e moti interiori. Il blues affonda le sue radici all’interno delle comunità afro-americane emigrate negli Stati Uniti nel Novecento.

Perché sia importante questa premessa per presentare “Blues in Sedici, Ballata della città dolente”, di Stefano Benni appare chiaro sin dalle prime pagine della raccolta. Due movimenti, surreale malinconia dei versi, ritorno delle voci. Una forte componente sonora, ritmica, pervade dei versi che di fatto erano stati concepiti per la lettura in pubblico, e con accompagnamento musicale di Paolo Damiani.

E se la cronaca narrata è realmente accaduta, si tratta di avvenimenti di cronaca avvenuti in Italia nel corso degli anni Ottanta, ecco che in quel senso di sospensione finale, nelle pieghe dei versi, si nasconde una significato sempre attuale. Si insinuano la speranza, l’umana sopravvivenza, tutte quelle sfaccettature dell’animo umano, quei germogli emotivi e le pulsioni che Benni sa cogliere, ritrarre poiché li ha ascoltati quei personaggi che entrano in scena, si susseguono con le loro parole che hanno tutte uguale misura, importanza, stesso ruolo nel significare e raccontare la propria versione dei fatti.

Non si può restare indifferenti, o non provare stupore, di fronte alla possibilità che una cronaca possa essere raccontata e sviscerata, scivolando nei meandri degli accadimenti, ma possa anche riemergere vestita di toni nuovi, quasi surreali.

Una drammatica storia che ha come protagonisti dei personaggi altrettanti trasfigurati dalla penna di Benni: L’Indovino cieco, il Padre, la Madre, il Figlio, Lisa, la Città, il Killer, il Teschio. Si tratta di “voci” che rientrano in scena per due volte, come a ribadire la propria presenza, ed essere testimoni di se stessi e di un’intera città di cui sono il cuore.

Oltre al dolore, va da sé, si insinua una luminosa speranza nel cuore vigile di questi personaggi. Appunto, un ritmo particolarmente blues ricopre i versi in maniera drammatica ma concisa, lasciando emergere nella meravigliosa e disarmante immediatezza di taluni passaggi, tutta la sensazione di essere di fronte a una società in declino, senza appigli morali, in cui la rabbia fa da padrona, accanto all’anarchia delle emozioni.

Appunto, sono questi personaggi così lucidi nelle loro parole a riemergere dall’abisso della quotidianità lontana ma che potrebbe in realtà essere così nostra. Potrebbe essere nostra quella città dolente. E noi, i suoi protagonisti. E l’amore, a lungo cantato da poeti e scrittori, muove la trama di questi eventi, resta forza vitale o almeno distruttiva perché dal nulla si possa riemergere. “O tu che affili un pugnale attento a colpire / non ho un solo cuore, ma tanti / ascolta i tamburi e trema. / Guai a chi separa gli amanti. Il Figlio

STEFANO-BENNI

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