La ruota dei libri di Agostino Ramelli, l’ingegnere che forse immaginò l’ipertesto nel XVI secolo

La curiosa storia in cui mi avventuro quest’oggi inizia in un picolo paese affacciato sul lago di Lugano, Ponte Tresa. Lì nacque, nel 1531, Agostino Ramelli. Appassionato di matematica ed architettura, di lui sappiamo che visse alla corte del ‘Medeghino‘, temibile condottiero, quest’ultimo, passato alla storia per le notevoli imprese militari la cui fama si diffuse in tutta la penisola ma anche, così dicono, per l’indole turbolenta ed il violento carattere evidente già in adolescenza.

Medeghino, ‘piccolo medici’, è un forse poco appropriato nomignolo derivatogli dalla bassa statura, e, come spesso accade, costruito storpiando il nome: Gian Giacomo de’ Medici. Non sembra che tale storpiatura infastidisse il valente condottiero, tanto che lui stesso firmò come Medeghino vari documenti ufficiali.
E come il soprannome quasi scherzoso non deve trarre in inganno sulla natura dell’uomo, così il reale nome non deve far pensare ad una parentela con i celebri ‘Medici’ di Firenze. Nessun legame di sangue infatti vi era, spiegano gli storici, tra la celebre casata fiorentina e la famiglia del condottiero in questione. Bizzarrie della storia, la mancata parentela sembrò dispiacere più alla nobile casata che a Gian Giacomo, tanto che una volta divenuto conte (di Lecco) e marchese (prima di Musso e poi di Marignano) i nobili fiorentini cominceranno ad appellarlo ‘parente’. Storie di quando la nobiltà si acquisiva ammazzando la gente.

In tale contesto guerreggiante non deve stupire se il nostro Agostino intraprese la carriera militare, divenendo capitano. Pare che si trasferì in Francia nel 1571 al servizio del duca Enrico d’Angiò (il futuro re Enrico III), come ingegnere. Partecipò sicuramente all’assedio di La Rochelle, scontro furioso tra gli ugonotti e la Francia cattolica, in cui venne ferito, preso prigioniero e poi liberato grazie all’intercessione del duca.

E’ una vera fortuna che la fama del Ramelli sia derivata più dai suoi progetti come ingegnere che dalle imprese sul campo, saremmo altrimenti stati costretti a seguire le intricate vicende belliche francesi ed anche a raccontare le sorti degli sconfitti ugonotti, o quantomeno dei pochi sopravvissuti alla pietà dei re ‘cristianissimi’.

L’unica opera pubblicata dall’ingegnere porta un titolo altisonante, cosa non rara, che farebbe impallidire i più coraggiosi seo copywriter contemporanei:

‘Le diverse et artificiose machine del Capitano Agostino Ramelli Dal Ponte Della Tresia Ingegniero del Christianissimo Re di Francia et di Pollonia: nelle quali si contengono uarij et industriosi Mouimenti, degni digrandißima speculatione, per cauarne beneficio infinito in ogni sorte d’operatione’

Le diverse et artificiose machine‘ ci restituiscono un uomo dall’ingegno pratico e vivace, qualità questa forse più comune al tempo di quanto lo sia nel nostro, ipotesi che non sminuisce affatto il lavoro intellettuale del singolo ed anzi ci aiuta a cogliere nelle vite individuali la positiva influenza dello spirito di ricerca di quegli anni. Ma sono forse stato ingeneroso nei confronti degli ingegneri attuali che invece continuano a produrre ‘macchine’, magari non sempre fantasiose come quelle di Leonardo, ma di certo utili. E’ in effetti merito della nobile stirpe degli ingegneri se posso linkarvi il libro di Ramelli in versione quasi completa.
Come potete dunque vedere, il libro è un susseguirsi di capitoli ciascuno dedicato ad una ‘artificiosa machina’ con tanto di illustrazione finale e doppia versione del testo in italiano e francese. A fianco ad alcune macchine da guerra trovano spazio numerose pompe e fantasiosi congegni per il sollevamento dell’acqua, ma anche mulini, fontane e macchine utili a compiere i lavori più disparati.

Ruota dei libri di Agostino Ramelli

Tra quelle sicuramente più curiose c’è proprio la ruota dei libri (capitolo 188, p. 316) che oggi gode di modesta notorietà come anticipatrice dell’ipertesto, intendendo con ciò quella oggi comune forma di lettura non lineare che caratterizza, ad esempio, il web e che proprio poche righe più sopra vi consigliavo di sfruttare per seguire il link al testo originale.
Cos’è questa ruota dei libri? Una ruota in legno non troppo dissimile da quella dei mulini su cui sono stati montati dei piani basculanti, sempre in legno, pensati per sostenere dei libri, uno per piano. Girando la ruota il lettore – forse immaginario, forse lo stesso Ramelli – può comodamente passare da un libro all’altro senza affannarsi in sgradevoli passeggiate fino alla libreria.
Appare orgoglioso dell’invenzione il Ramelli:

Questa è una bella et artificiosa machina, la quale è molto utile et commoda a ciascuna persona che si diletta de lo studio, massimamente a quelli che sono indisposti et travagliati delle gotte

Giusta mi sembra la piccola vanità tecnica che si concede sottolineando come i libri restino in equilibrio senza mai cadere dalla ruota:

mai i detti libri cascheranno, né si moveranno del luogo dove si sono posti; anzi resteranno sempre nel medesimo stato et si rappresenteranno sempre davanti al lettore nella medesima maniera che si sono posti sopra le sue tavolette, senza che sia di bisogno di legarli né ritenerli con cosa alcuna.

In effetti una ruota molto simile a questa del Ramelli venne disegnata successivamente anche dall’inventore francese Nicolas Grollier de Servière (1596–1689). Tuttavia questa seconda versione richiede l’utilizzo di corde per tenere i libri ancorati al proprio sostegno.

Ruota-dei-libri-di-Servière
La ruota dei libri di Nicolas Grollier de Serviere. Illustrazione contenuta in un libro del XVIII secolo.

Almeno una ruota dei libri è stata effettivamente costruita ed è conservata oggi alla Biblioteca Palafoxiana di Puebla, in Messico.

La ruota dei libri conservata nella Biblioteca Palafoxiana di Puebla, Messico. Fonte immagine.
La ruota dei libri conservata nella Biblioteca Palafoxiana di Puebla, Messico. Fonte immagine.

I lettori più avvertiti e usi a ‘smanettamenti’ informatici si chiederanno forse se tale ruota possa essere effettivamente considerata una progenitrice rudimentale dell’ipertesto. A tal proposito è interessante notare alcune affinità inconsapevoli tra gli intenti del Ramelli e quelli dei moderni scienziati a cui dobbiamo l’invenzione e la diffusione dell’ipertesto vero e proprio.

Ramelli immagina che la ruota possa essere utile, oltre che ai malati di gotte, ‘a ciascuna persona che si diletta de lo studio‘. Anche Tim Berners-Lee sembra avesse a cuore le sorti degli studiosi quando nel 1989 propose al Cern un documento, Information Management: a Proposal, oggi considerato uno dei passi fondamentali nell’elaborazione del web. Similmente il fatto che “l’uomo può vedere e rivoltare una gran quantità di libri senza moversi d’un luogo” difficilmente non può riportare alla mente il misero destino dei contemporanei professionisti dell’internet, liberi di viaggiare tra le immani praterie della conoscenza restando inchiodati alle proprie sedie da lavoro.

Si potrebbe forse disquisire su se altre caratteristiche costitutive dell’ipertesto siano presenti oppure no – seppure in abbozzo – nell’invenzione precoce del Ramelli. O anche domandarsi quanto in effetti sia utile la macchina dell’abile ingegnere. Ma probabilmente non vale la pena di star troppo a sottilizzare, chè non c’è bisogno di effettive ragioni per raccontare una buona storia, se questa lo è.

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