L’Annunciazione di Piero della Francesca nel Polittico di Sant’Antonio a Perugia

Esiste un tema particolarmente ricorrente nella storia dell’arte, trattato da una serie di artisti che appartengono alla tradizione pittorica europea: l’Annunciazione. Tra questi, Piero della Francesca, il celebre artista rinascimentale, ha saputo confrontarsi con il motivo iconografico cristiano dando vita a un’opera singolare che fa uso dello strumento prospettico. Siamo nel 1470 e questa invenzione si accinge a raggiungere livelli di straordinaria perfezione anche grazie al contributo di Piero della Francesca, il cui apporto anche sotto il profilo della riflessione teorica, si aggiunge a quello di tutti i pittori che agli inizi del secolo ne avevano avviato la sperimentazione come Brunelleschi e Masaccio.

Annunciazione - Piero Della Francesca
Piero Della Francesca, Annunciazione (Polittico di Sant’Antonio), 1460-1470 circa, Galleria nazionale dell’Umbria, Perugia

L’Annunciazione fa parte del Polittico di Sant’Antonio, un’opera che Piero realizzò verso il 1460-70 e che oggi è conservata nella Galleria nazionale dell’Umbria di Perugia. Il celebre polittico fu concepito per il Convento delle Monache Francescane di Sant’Antonio da Padova e infatti fu conservato qui sino al 1810 prima di essere trasferito al museo dov’è collocato attualmente. Si tratta di una tavola (338 x 230 cm) che occupa la cimasa del polittico, diventando un elemento figurativo essenziale per l’intero complesso pittorico, un momento essenziale anche sotto il profilo narrativo. “Verbum caro factum est” è infatti l’espressione che esprime e condensa il mistero dell’Incarnazione e il valore che questo episodio ha per l’intera storia della Salvezza di cui Maria è protagonista.

Nell’opera di Piero della Francesca ritroviamo non solo una straordinaria capacità tecnica, una maestria dell’uso della pittura e degli espedienti prospettici, ma anche un grandissimo e riuscito tentativo di rendere quelle sottili vibrazioni dell’animo e della mente che sicuramente Maria, in quanto essere umano ma anche madre del Salvatore, avrà certamente provato come protagonista di un così grande evento. Maria viene quindi ritratta in tutta la sua dolcezza e introspezione, con il timore di chi si accinge ad abbracciare un ruolo così importante guidato da una fede serena e incrollabile.

La scena traduce sul supporto pittorico il momento raccontato nel vangelo dell’incontro tra l’Arcangelo Gabriele, qui in ginocchio e in veste azzurra, e Maria che guarda in basso con le braccia incrociate. Ciò che colpisce di questo momento è la presenza di una spazialità nuova rispetto alla tradizione, di un sapiente utilizzo di linee prospettiche che pervade l’originaria bidimensionalità del mezzo pittorico, sino a conferire alla scena una profondità unica, e un dinamismo che è accentuato dalla resa psicologica dei personaggi e del loro animo.

Maria è colta nel momento in cui realizza e comprende nel profondo del suo spirito il valore collettivo del gesto che si accinge a compiere diventando Madre di Cristo e di tutta l’umanità. Questo è il momento dell’incontro che viene definito col termine latino humiliatio. L’Angelo non è appena giunto come sottolinea la postura ma è pronto invece a ripartire in volo mentre la colomba, personificazione dello Spirito Santo, scende su Maria.

Senza il ricorso alla prospettiva questo momento così importante del racconto evangelico non sarebbe certamente stato espresso in questo modo così efficace. Lo spazio che esiste tra Maria e l’Angelo è una sorta di distanza che è riempita da elementi architettonici, uno spazio simbolico, che evoca probabilmente la distanza esistente tra i due piani, quello umano e quello divino. I colori sono morbidamente resi, i passaggi tonali delicati, i tratti dei personaggi assolutamente come nella tipica tradizione legata al pittore. La luce che pervade tutta la composizione è quasi irreale, ultraterrena, e si propaga da sinistra verso destra colpendo gli elementi della scena. A sinistra troviamo anche il giardino al centro di un chiostro di un convento che quasi certamente allude al concetto di hortus conclusus, dunque al Paradiso terreste e alla verginità di Maria, un simbolo che fa parte del vocabolario iconografico mariano ma anche alla dimensione conventuale, che qui, come in molte altre Annunciazioni viene ripreso. Proprio nel Cantico dei Cantici si fa accenno a questo giardino recintato, e da qui probabilmente deriva questa analogia con la Vergine. L’espressione letteraria è la seguente: “Hortus conclusus soror mea, sponsa, hortus conclusus, fons signatus”.

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