Introduzione alla Divina Commedia di Dante – Struttura e informazioni generali

Secondo la maggior parte degli studiosi, la Divina Commedia, una delle opere più note e rilevanti della produzione medievale, sarebbe stata composta tra il 1304 e il 1321. Il titolo originale di questo capolavoro letterario sarebbe Comedìa e si tratta di un poema in volgare fiorentino e in terzine incatenate di versi endecasillabi composto da Dante Alighieri.

Oggi la Divina Commedia è tradotta e letta in tutto il mondo e rappresenta un testo fondamentale per conoscere le tappe evolutive della letteratura italiana sia sotto il profilo compositivo, stilistico ma anche allegorico e contenutistico.

Dante e il suo poema - Divina Commedia
Domenico di Michelino, Dante e il suo poema, Firenze, Santa Maria del Fiore, 1465.

Si divide in tre sezioni o parti chiamate cantiche. Queste corrispondono a una precisa localizzazione, ovvero Inferno, Purgatorio e Paradiso, i tre luoghi ultraterreni che costituiscono l’Aldilà e in cui viaggia il poeta in una sorta di percorso immaginario il cui culmine è la visione di Dio. Questo procedimento narrativo viene indicato con l’espressione latina Itinerarium Mentis in Deum. Il numero tre ricorre come cifra simbolica che allude alla Trinità e ogni sezione si divide in trentatré canti. In totale ci troviamo di fronte a cento canti. Solo la prima cantica, ovvero l’Inferno ne presenta trentaquattro perché il primo è una sorta di introduzione, di proemio che presenta l’opera al lettore. Ogni canto ha una lunghezza di massimo 160 versi per un totale di 14.233 versi.

La Divina Commedia si presenta come una summa del pensiero medievale e del sistema di valori e atteggiamenti culturali del tempo. Il viaggio è un elemento simbolico importante costituendo al contempo un percorso di conoscenza e redenzione del singolo come dell’umanità.

Vi si possono scorgere elementi autobiografici in quanto il poeta scrive in seguito a un periodo particolarmente travagliato della sua esistenza. La redenzione riguarda dunque la propria capacità di attraversare “la selva oscura” esistenziale ma anche una forma di redenzione religiosa e di riscoperta della fede grazie alla figura simbolica di Beatrice.

Al contempo occorre sottolineare che Virgilio, figura importante che guida il percorso di Dante nei tre regni, rappresenta un forte richiamo alla ragione come guida che libera l’umanità verso la pace. Il poeta qui è “vate” dal momento in cui la propria esperienza diventa una prova che assume un valore universale, guidando gli uomini, purificandoli dal peccato.

L’opera può essere letta come il racconto del viaggio dello spirito che anela alla conoscenza di Dio; si tratta di un rapporto complesso in cui entrano in gioco anche elementi reali, personali, ideali di rinnovamento religioso e anche politico che rivestono la Chiesa e le lotte civili che interessavano le città del suo tempo. Quale strumento migliore se non quello allegorico per esprimere questa serie di concetti?
Una costante del poema è proprio questo trasferimento degli elementi del reale su un piano simbolico che inerisce al mondo ultraterreno e a quello religioso. Si tratta di un atteggiamento tipicamente medievale che porta alla produzione di opere letterarie di ispirazione religiosa e intenti morali anche se la Commedia presenta una complessità nuova nel concepire il mondo reale e nel trasfigurarlo in un complesso impianto narrativo e simbolico.

Tutto ha inizio con una sorta di proemio introduttivo nel quale Dante esprime la sua condizione iniziale, il senso di smarrimento provato in quel periodo, quando si percepisce come perso nella celebre “selva oscura”, un’immagine vivida ed efficace che ci riporta alla dimensione del peccato e dell’allontanamento dalla vita virtuosa. Si accorge però della presenza di un monte illuminato da una luce; egli prova a salirvi ma incontra tre belve che rappresentano i tre vizi. La lonza è allegoria della lussuria, il leone della superbia e la lupa avidità. Dante cade precipitando per il pendio come spaventato dalla visione delle tre belve.

Proprio allora si manifesta Virgilio, il poeta latino al quale Dante chiede ausilio. Il poeta più importante dell’età classica diventa così un’allegoria della ragione accanto a un’altra figura essenziale per gli intenti narrativi: Beatrice. La donna amata da Dante che morì in età prematura sarà una figura colma di grazia che intercede tra il poeta e Dio. E così, Dante compie un viaggio nei tre regni in modo che il suo spirito possa essere purificato con ragione e fede. La ragione che gli consente una comprensione dei regni dell’inferno e del purgatorio però ha dei limiti. Questo strumento da solo non basta per conoscere Dio e comprenderlo ma è necessaria la fede. Sembra che lo scrittore ci ricordi proprio questo e non è un caso se a rivestire il ruolo di guida del poeta in queste dimensioni sia uno scrittore latino che non è stato battezzato e non può pertanto accostarsi al luogo finale in cui dimora Dio. Beatrice, intesa qui come emblema della fede, può prendere il posto di Virgilio nella parte finale del percorso ma anche questa figura verrà sostituita da San Bernardo nella rosa degli eletti, dove il santo intermedierà tra il poeta e la Vergine.

La Divina Commedia è dunque il racconto del viaggio dell’anima per elevarsi, purificarsi, conoscere Dio avanzando all’interno di un mondo fantastico in cui il poeta si è ritrovato, stando a quanto racconta, nell’aprile del 1300.
La tematica del viaggio è particolarmente sentita in età medievale sia in Occidente che in Oriente, nel mondo islamico. Dante si rifà al modello del poema virgiliano, l’Eneide, per formulare questa grande opera. Rappresentando i mali, i peccati, tratteggiando i premi che invece sono destinati a coloro che agiscono nel bene e nella grazia divina, Dante intende compiere un lavoro che possa aiutare gli uomini a liberarsi dal peccato.

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