La “Fèlsina ribelle” di Lorenzoni

Accolgo con piacere l’invito di Tracce di Studio a scrivere sul mio ultimo lavoro discografico “Fèlsina ribelle”, sperando di lasciare alcuni spunti per interpretare il mio modo di fare arte.

Con il nuovo album – uscito il 29 gennaio 2021 – continuo un cammino fra generi musicali iniziato con la band Divanofobia e proseguito con i successivi due dischi solisti. Sono passato da un approccio compositivo in gruppo – in cui mi occupavo principalmente della linea di basso, di quella vocale e dei testi – a una composizione solitaria a tutto tondo. Anche nella fase solista ho mantenuto vivo il confronto con altri artisti e musicisti ma ciò è avvenuto, senza dubbio, in maniera minore rispetto alle esperienze precedenti.

Nella band mi muovevo nel territorio dell’alt rock nostrano, ma con marcate influenze math. Il primo disco solista, “Mondo club”, era invece un disco essenzialmente pop, seppure presentasse soluzioni timbriche particolari – come tabla e armonium – e sebbene nei testi si ricorresse con molta parsimonia alla rima. Il secondo album, “Senza fiori”, spaziava fra il cantautorato tradizionale, il rock e il pop; nelle liriche l’uso delle rime era maggiore rispetto a prima. L’ultimo “Fèlsina ribelle” è un lavoro più omogeneo, nella sua impalcatura rock, ed esibisce, per la prima volta nel mio percorso, una versificazione dei testi che orbita attorno alla misura dell’endecasillabo e che presenta uno schema delle rime piuttosto costante. L’approccio più “ordinato” e strutturato traspare persino nei titoli dei brani, tutti composti da una sola parola.

andrea lorenzoni

Anche a livello di produzione, negli anni, ho tracciato un percorso di esplorazione: dalla registrazione in studio con il produttore, fino – in quest’ultimo disco – alla registrazione autonoma in casa (a causa del confinamento della primavera 2020); tutto ciò passando per l’esperienza di auto-produzione in studi underground. L’arte che pratico è animata da concetti costanti: la conoscenza di noi stessi, degli altri,l’integrazione, il movimento, gli opposti, il cambiamento, il desiderio, la religione intesa come opera d’arte, la libertà, il sogno, la razionalità. Volendo trovare delle metafore per rappresentare la musica che faccio, potrei chiamare in causa le figure del viaggio e dell’avventura. Sono immagini suggestive, queste, che tratteggiano sia quello che faccio con la musica sia quello che faccio come poeta.

“Fèlsina ribelle” è un album composto di otto brani, che raccolgono i sedimenti di una separazione amorosa e di un conflitto fra sé e i propri sentimenti. Queste nuove canzoni sono forse quelle che si legano idealmente di più a Bologna, la mia città. Non a caso per il titolo dell’opera ho voluto usare la parola “Fèlsina”, il nome etrusco del capoluogo emiliano. L’aggettivo “ribelle”, poi, mi sembrava rappresentare bene l’aura rock e trasgressiva che ammanta le tracce. La scrittura è più omogenea rispetto a quelle dei dischi precedenti e forse è anche la più intima. Ciò, però, non cancella gli effetti di un animo poliedrico che continua a vivere, fedele probabilmente alla mia storia personale: sono nato da madre bolognese e padre pakistano (prendendo il cognome della mamma).

Nel videoclip del singolo – e prima traccia del disco – “Distante”, partendo dall’idea della regista Debora Sforzini, assieme al videomaker Daniele Poli, abbiamo voluto introdurre una sagoma luminescente e cangiante, a simboleggiare il lume della ragione e, al contempo, a rappresentare la luce del ricordo d’amore, o del suo presagio. Il tutto si svolge a distanza, appunto, in un’intensa oscurità, lungo le strade di Bologna, durante uno dei più solitari periodi natalizi mai vissuti.

Il secondo brano di “Fèlsina ribelle” l’ho intitolato “Gigante”, a iconizzare il peso necessario per spezzare un cuore di ghiaccio che non sa arrendersi all’amore. A seguire si trova la canzone “Sesso” che, strisciando erotica e morbosa, ci conduce con passo cadenzato a “Essere”, un piccolo manifesto culturale sul valore dell’essere in opposizione all’apparire. “Diritto” è un brano liberamente ispirato alla “Dichiarazione universale dei diritti umani” e inizialmente è stato composto per Amnesty International. La traccia successiva è un omaggio alla Via Emilia, e materializza, attraverso il suono, alcune immagini del territorio, alludendo, tra l’altro, alle canzoni “Emilia paranoica”, dei CCCP, e “Un bar sulla via lattea”, di Vasco Brondi. In “Rammarico” torna la frustrazione per un amore non realizzabile. L’album si chiude con “Psiche”, un fitto intreccio di immagini psicologiche liberamente ispirate al romanzo “La mischia” di Valentina Maini.

La piccola mappa multiforme che qui ho cercato di tracciare, e che conduce fino al nuovo album e lo include, saprà espandersi ancora, in futuro, attraverso nuove esplorazioni (ribellioni?). Nella prossima produzione vorrei avvicinarmi alla spoken music, stringendo così ulteriormente nei miei brani il rapporto fra musica e produzione poetica su carta.

Andrea Lorenzoni è cantautore, poeta e maestro elementare di Bologna. Ha avuto esperienze in diverse formazioni musicali cittadine (su tutte i Divanofobia). Nel 2017 è uscito ‘Mondo Club’, il suo primo disco solista, seguito nel 2019 dall’album ‘Senza fiori’ (Dimora Records). Nel 2012 pubblica la raccolta di poesie ‘Parlo dentro’ (Edizioni Prufrock Spa) e nel 2018 un’altra silloge dal titolo ‘Piuma’ (Arcipelago Itaca Edizioni).
‘Felsina ribelle’ è il suo terzo disco solista, uscito il 29 gennaio 2021 per New Model Label.

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