Perelman e la nuova retorica

Per Perelman il genere epidittico è particolarmente significativo; nel descrivere quest’ultimo, Aristotele ha in mente le gare oratorie durante i giochi olimpici, mentre per descrivere il deliberativo ha in mente le assemblee e per il giudiziario il tribunale. In queste gare gli ascoltatori si comportano da spettatori e premiano il migliore; il discorso sembrava considerato alla stregua di spettacoli teatrali o gare atletiche. Questo suo carattere aveva fatto sì che i retori romani avessero lasciato da parte questo tipo di discorso e insegnassero invece gli altri due tipi di discorso; il genere epidittico sembrava appartenere di più alla letteratura che all’argomentazione.

Per Perelman, invece ha un’importanza centrale, in quanto il suo ruolo è quello di rendere più intensa l’adesione a determinati valori, determinando così negli spettatori la disposizione ad agire o pensare in certi modi. Un esempio di ciò vi è in Shakespeare, nel Giulio Cesare; il discorso di Antonio passa da un’orazione funebre ad un tentativo (riuscito) di sommossa per cercare i colpevoli e punirli; qui il discorso epidittico (quale è quello funebre) si trasforma in giudiziario (riguardo il giusto o l’ingiusto nei confronti dell’assassinio di Cesare) e poi in deliberativo (quale azione è migliore nei confronti dei colpevoli?); gli auditori alla fine avranno degli atteggiamenti opposti rispetto a quelli che avevano all’inizio.

Un’analisi dei discorsi di Bruto e Antonio tratti dal film omonimo.

Il discorso di Bruto si basa sull’ethos, facendo risaltare la sua immagine e denigrando quella del defunto Cesare; lui è disposto a sacrificarsi per Roma e per il suo popolo, è disposto a sacrificare l’amicizia di Cesare e la sua stessa vita  dunque ci si può fidare di lui, è affidabile. Cesare era ambizioso e per questo ha dovuto ucciderlo. Il suo discorso è basato su sé stesso come persona sincera e virtuosa e sulle ripetizioni (“c’è qualcuno che voglia essere schiavo? Se c’è, che parli, perché io lui ho offeso”). Bruto comunque non mente, poiché è vero che Cesare era un despota, e questo si vede all’inizio del film.

Il discorso di Antonio è basato inizialmente sul logos e la sua strategia è quella di mettere in discussione l’onorabilità di Bruto: utilizza la simulatio, cioè far finta di adeguarsi e convalidare le tesi dell’altro oratore (che ormai ha influenzato gli ascoltatori) e a mano a mano incrinare l’opinione formatasi in chi ascolta; egli utilizza prima l’ironia (affermare qualcosa che è il contrario di ciò che si vuole lasciare intendere). Anche lui usa la ripetizione, affermando che Cesare era ambizioso e Bruto rispettabile; tuttavia intende il contrario. Cesare ha certi meriti, tuttavia per tre volte ha rifiutato la corona: questa è ambizione? Questa domanda confuta la tesi che Cesare fosse ambizioso. E’ una sorta di sillogismo: se è ambizioso, accetta la corona; ma non la accetta; dunque non è ambizioso. Tuttavia Antonio continua ad affermare che egli lo fosse, ironicamente; è la folla, ad un certo punto, ad affermare il contrario e dunque Antonio non lo ammette mai esplicitamente.

Nella seconda fase, egli sfrutta il pathos, lasciando che sia la folla a ragionare e a trovare i colpevoli; dopodiché tira fuori il testamento, accattivandosi l’interesse della folla. Inoltre afferma di non poter dire nulla contro uomini rispettabili, né incitare alla sommossa, né leggere il testamento; tuttavia poi lo fa, su richiesta della folla. E’ la folla a trarre le conclusioni, non lui. Suscita poi indignazione, avvicinandosi al cadavere di Cesare e facendo vedere prima gli squarci sul mantello, poi il cadavere stesso; oltretutto fa passare Bruto come una persona ingrata, che ha ucciso la persona che l’amava. La frase decisiva è quella in cui afferma che, cadendo Cesare, sono caduti anche loro (la folla), mentre gli unici a restare in piedi sono “gli uomini rispettabili”: “tutti noi siamo stati traditi da persone che amavamo”.

Si passa poi all’ethos: elogia sé stesso affermando di non essere un abile oratore come Bruto, bensì una persona come loro (la folla); è una persona semplice che dice cose che loro già sanno, e dunque dice il vero, mentre Bruto mente. Legge poi il testamento: la folla, il popolo è erede di Cesare; non avranno mai più un uomo come lui. Vendetta! è la voce del popolo alla fine dell’orazione.

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