Siamo negli anni Sessanta del secolo scorso, quando sotto certi aspetti le donne hanno iniziato anche in Italia ad affrontare la questione della loro emancipazione. Le donne infatti, che, almeno su alcuni piani sono giunte ad alcuni cambiamenti – adesso lavorano anche fuori casa e votano –, in questo periodo stanno sempre più sviluppando la volontà di uscire dal loro privato e farsi ascoltare e valere pubblicamente.
È in questo scenario che si inseriscono gli interventi, le vite, le scelte, i pensieri e le azioni di molte donne che hanno contribuito a manifestare quell’esigenza di autonomia, di autorealizzazione, di volontà di distaccarsi da ruoli imposti dalla tipica società patriarcale che contraddistinguevano la società fino a quel momento.
Tra le voci che si sollevano con più forza e in modo più concreto, quella di Carla Lonzi, il cui nome in quella fine degli anni Sessanta è già emerso nel campo della critica d’arte e che va ad affiancarsi, durante il periodo delle contestazioni del ‘68, a quello di molte altre donne che hanno voluto agire perché la questione femminile venisse presa in giusta considerazione anche in Italia.
Un percorso di riflessione e azione, quello di Carla Lonzi, nata a Firenze nel 1931 e poi morta a Milano a soli cinquantuno anni, che inizia molto presto, con scelte anche piuttosto insolite per una ragazza della sua epoca, e che la vedrà ben presto svolgere un lavoro di critica d’arte ponendosi in prospettive “diverse”, “nuove”, rispetto a quelle ordinarie impiegate fino a quel momento, per poi continuare nelle sue riflessioni fino a mettere in discussione il suo stesso ruolo di critica d’arte. Un percorso di vita, lavoro, professionalità, pensiero, in cui spicca anche un grande senso autocritico e la necessità di “andare a fondo” in molte delle questioni sociali, politiche e culturali che non solo toccano la sua epoca storica, ma che anche oggi costituiscono motivo di riflessione. Un’esigenza, innanzitutto, di “dar voce” agli altri.
Nel 1969, infatti, raccoglie nel volume Autoritratto i testi di tredici artisti tra quelli più significativi del momento – tra i quali Kounellis, Consagra, Fontana, Rotella, Paolini, Carla Accardi – riprendendo le loro parole in modo diretto con un registratore, inaugurando così una pratica nuova per il tempo.
È dal 1970 che Carla Lonzi mette in crisi il suo ruolo di critica d’arte per dedicarsi completamente all’esplorazione di sé, del suo essere donna, all’autenticità attraverso il dialogo con altre donne. Da questo momento, infatti, prendendo anche posizioni contrastanti con quelle da lei assunte in precedenza riguardo l’arte e il ruolo dell’artista – aspetto che verrà da lei stessa messo bene in chiaro nel suo diario Taci, anzi parla. Diario di una femminista, uscito nel 1978 – incentrerà la sua vita sulla questione femminile, dando il via a un movimento di sole donne che porta alla nascita di “Rivolta femminile” assieme a Carla Accardi ed Elvira Benotti, uno tra i gruppi più attivi del femminismo in Italia a quel tempo, che si esprimerà nell’elaborazione di un “Manifesto di Rivolta Femminile” e la realizzazione di una piccola casa editrice.
Un gruppo che afferma di non volersi schierare con i movimenti politici ma che si incentra tutto sull’importanza per le donne di parlare, discutere, andare a fondo su questioni che, secondo lei e le altre donne di “Rivolta femminile”, fino a quel momento non sono state affrontate e prese in considerazione, e che anzi sono state ritenute non rilevanti dal punto di vista sociale e politico.
Il proprio corpo, il sesso, il rapporto con la propria madre, gli schemi che predominano e che vedono in ogni ambito – dall’ambito familiare a quello lavorativo, dall’ambito religioso a quello politico – il predominio maschile: questi i temi delle “sedute di autocoscienza” alla base del lavoro svolto da “Rivolta femminile” in quegli anni. Uno spazio, insomma, in cui le donne potevano “costruirsi insieme”, dando corpo e parola al proprio essere donna e al loro volere vivere la diversità dei sessi. L’esigenza e la volontà che, secondo la Lonzi, si considerassero insomma importanti certi argomenti fino ad allora sottovalutati e anzi in molti casi proprio neanche presi in considerazione dai partiti e dall’ambito politico. È in questo momento e durante le discussioni delle sedute di autocoscienza del collettivo di “Rivolta femminile” che infatti nascerà lo slogan “Il personale è politico”.
Una vita, quella di Carla Lonzi, coerente con le sue ricerche su quello che lei chiamava “l’essenziale”, di cui era interessata fin da bambina e che l’aveva portata a studiare, affascinata, la vita delle sante e, poi, in età più adulta, a pubblicare il breve saggio Sputiamo su Hegel. È questo uno degli strumenti utili per le donne del tempo – e forse non solo – per avvicinarsi a una maggiore consapevolezza di sé e aprire nuove possibilità di guardare la propria condizione proprio partendo da se stesse e non da ciò che una società patriarcale ha deciso per loro, compreso il pensiero dei grandi filosofi, che comunque avevano fino a quel momento appoggiato l’idea della donna come essere “sussidiario” al ruolo dell’uomo.
Tra le altre sue pubblicazioni, del 1971, La donna clitoridea e la donna vaginale, in cui indaga e contraddice le teorie legate al sesso e alla sessualità femminile che ricalcano schemi determinati dagli uomini e la necessità per la donna di liberarsi dal concetto che la sua sessualità debba necessariamente essere passiva.
Testi, i suoi, in effetti non molto conosciuti e poco consultati anche adesso, che andrebbero forse rivalutati nel nostro tempo, letti non con lo scopo di smascherare la loro lontananza con il presente, ma anzi per avere una coscienza sulla condizione femminile nel tempo, per comprendere certi passaggi fondamentali di autocoscienza femminile, perché si possa ancora riflettere sulla condizione della donna e sul ruolo che ha nell’ambito della società attuale, su ciò che effettivamente adesso, nel secondo millennio, significhi essere donna.
Una vita coerente la sua, in quanto fatta in sostanza di cambiamenti, così come ogni vita lo è, che l’hanno portata ad analizzare e a esprimere concetti generali, universali, appunto “essenziali” che sono quelli della libertà e della giustizia di chiunque, uomo o donna che sia, e che dovremmo chiederci se possono o meno considerarsi, oggi come oggi, datati oppure ancora attuali.
Un femminismo, quello di Carla Lonzi, considerato “radicale”, che per certi versi può avvicinarsi più a un pensiero anarchico, che va al di là del piano teorico e che non propone un movimento di emancipazione interno agli schemi imposti dal sistema del patriarcato, ma che si propone come stimolo a un movimento che esca proprio da certi assunti e vada a toccare l’esistenza di ogni individuo e i concetti di libertà e giustizia al di là della schematizzazione di principi caratteristici del potere maschile.
Grande donna, ma contesto tutte le donne che per affermarsi debbano mettersi a confronto o, ancor peggio, in competizione con gli uomini. Siamo nate libere quanti gli uomini. Sta a noi portare avanti il nostro “essere” senza condizionamenti sociali . La ricerca è lunga, ma se noi donne, per prime, non sentissimo questa differenza con l’uomo, potremmo vivere libere, senza pregiudizi ne concetti di differenze tra uomo e donna. Certo ci vuole una buona dose di fortuna oltre che di intelligenza, ma la donn non deve avere paladini e difensori perché se nella società cerca questo, ha già fallito.