Bertolt Brecht: La resistibile ascesa di Arturo Ui e il grottesco storico-didattico

Bertold-Brecht
La resistibile ascesa di Arturo Ui è un’opera di Bertolt Brecht scritta durante l’esilio finlandese nel 1941 in cui i canoni del teatro epico e quelli della rivista si fondono per dare vita a un contesto storico-didattico altamente attuale.

Definire il teatro di Bertolt Brecht un teatro grottesco potrebbe essere sbagliato: sappiamo quanto gli studiosi siano allergici a certe etichette e al loro cattivo utilizzo, ma La resistibile ascesa di Arturo Ui si pone proprio in questo contesto, perché eliminando la quarta parete e facendo partecipare attivamente lo spettatore sin dal prologo, l’opera diventa un pretesto per insegnare e spiegare, anche sotto forma di didascalie, un avvenimento cruciale della storia del XX secolo, ovvero l’ascesa per nulla irresistibile di Adolf Hitler (di cui quest’anno ricorre il 125° anniversario della nascita), tratteggiato nell’opera di Brecht come un novello Al Capone che vuole impossessarsi del racket dei cavolfiori.

Lo straniamento storico di Brecht nella Resistibile ascesa di Arturo Ui

Le storpiature dei nomi originali che hanno preso parte all’avvento del nazismo (Rohm, Goebbels, Goring, von Hindenburg) e l’ambientazione nella ruggente Chicago degli anni Trenta (al momento di scrivere, Brecht stava aspettando il visto per il trasferimento negli Stati Uniti) non sono nient’altro che una storpiatura grottesca della realtà storica, una parodia per nulla comica di quanto avvenuto in Europa, ma anche un monito per il futuro: la chiave sta tutta nel titolo, più nello specifico in quell’ascesa “resistibile”, ovvero una salita al potere che si poteva contrastare, quando invece si è fatto di tutto per lasciarla scorrere, sottovalutandone il reale pericolo.

Il significato della didascalia per Bertolt Brecht nell’Arturo Ui

La resistibile ascesa di Arturo Ui di Bertolt Brecht brilla oggi per la sua indubbia attualità oltre che per una propria esigenza di rivoluzionare il teatro, allontanando qualsiasi ombra di classicismo e piegandosi alla didattica e alla rappresentazione evidente (e spiegata) di ciò che avviene sul palcoscenico. Così agli spettatori viene da subito esplicitamente illustrato come in realtà Arturo Ui sia Adolf Hitler, come Dogsborough rappresenti Paul von Hindenburg e via dicendo: Ernest Rohm diventa facilmente Ernesto Roma, mentre Hermann Goring si trasforma in Emanuele Giri e Joseph Goebbels si tramuta in Giuseppe Givola. E poi ancora, che il trust dei cavolfiori non sia nientemeno che il trust degli industriali, rappresentato dai vertici militari e burocratici dell’epoca. E che parlando di luoghi Chicago sia la Germania e i riferimenti alla vicina Cicero siano quelli legati all’annessione dell’Austria, avvenuta il 12 marzo del 1938. Tutto è storpiato, ma nulla va compreso perché è tutto lì, evidente, sotto gli occhi di tutti, così come lo era nella realtà, esplicito e affatto irresistibile.

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