La confusione mentale nel Macbeth di Shakespeare

Il Macbeth è certamente una grande opera. Tragedia secca, cruda e violenta, radicale. Ricchissima di contenuti condensati in immagini poetiche sintetiche che, nella brevità del testo, si succedono rapide.

Macbeth, generale vittorioso dell’esercito scozzese, dopo l’incontro con tre streghe che gli predicono che diventerà Re, vive un rapido ma radicale processo di disumanizzazione che lo porta, per brama di potere, a cadere nei crimini più efferati per poi, alla fine, morire tragicamente. La prima scena, in cui le tre streghe decidono che la prossima volta si incontreranno per parlare con Macbeth, contiene i due versi che segnano l’intero dramma.

“Bello è il brutto e brutto il bello:
In volo, nella nebbia e l’aria sporca.”

Questo dicono le tre streghe. Versi misteriosi che appaiono a tutta prima una semplice considerazione. E però la eco di questi due versi prosegue per tutta l’opera e segna non solo la visione fisica delle streghe, ma anche l’evoluzione stessa di Macbeth.

Il prof. Agostino Lombardo, che ha curato e tradotto l’opera per Feltrinelli ed è stato uno dei maggiori critici italiani di Shakespeare, così interpreta questo verso cruciale:

“Il bello è brutto e il brutto è bello, dicono le streghe: e il verso potrebbe essere assunto a emblema del Macbeth, stupendamente costruito in un’immagine totale che si rifrange in mille immagini particolari, e tutte presentate per dare un’unica, complessa, lacerante immagine che è quella della vita intesa come terreno su cui queste forze si scontrano, si abbattono a vicenda, si mescolano, si confondono, si intersecano l’una con l’altra.”

Per Lombardo, il verso è quindi rappresentativo del Macbeth perché è in esso che si condensa l’immagine della vita proposta dall’opera e dal suo autore. Pare anche a me il verso centrale dell’opera ma non credo, invece, che debba essere inteso come immagine della vita in generale. Non penso vada generalizzato a massima universale.

Questi due versi sono, in primo luogo, la descrizione fisica, precisa, della condizione delle streghe mentre sono in volo nel contesto del dramma. E poi immagine, certo, ma di una condizione specifica, non generale, in cui le streghe spingeranno a cadere Macbeth.

La condizione, cioè, di non riconoscimento del brutto e del bello, non è condizione normale, immagine della vita nel suo complesso. E’ una descrizione, puntuale e affascinante, di ciò che accade a Macbeth. Dopo aver incontrato le streghe ed aver ascoltato la loro predizione, Macbeth inizia a dubitare, entra in conflitto. E, in breve, finirà per non essere più in grado di riconoscere il bello dal brutto.

Vale la pena di chiarire che non si tratta di una manchevolezza estetica. Nel testo originale il verso suona così: Fair is foul, and foul is fair. “Fair” e “foul” sono due termini con uno spessore semantico molto ampio, non significano, cioè, solo bello e brutto, ma anche giusto, chiaro, onesto…e contrari. Il conflitto interno di Macbeth, dopo aver ascoltato la predizione delle streghe, risulta pienamente comprensibile. Appare cioè assolutamente umano che il protagonista abbia dei dubbi, considerata l’importanza di quel che gli viene detto. Ma la “confusione mentale”, la cecità per cui Macbeth non riesce più a distinguere il giusto dall’ingiusto, il brutto dal bello, appare invece una condizione peculiare, particolare, per nulla necessaria e certamente – grazie a Dio – non una situazione usuale della vita.

Gli esiti di questa perdita di capacità di comprensione del senso sono spaventosi e vengono descritti in modo assolutamente efferato. Fair is foul and foul is fair. Difficile tradurre in parole questa splendida immagine poetica. Confusione mentale, forse. Perdita di senso? Non so, è difficile. Sembra comunque questo, per Shakespeare, l’inizio del processo di disumanizzazione di Macbeth.

Ma Shakespeare non si limita a indicarci una condizione problematica e a raccontarne gli esiti catastrofici. Nel verso successivo, infatti, il poeta specifica ulteriormente:

“Bello è il brutto e brutto il bello: – Fair is foul, and foul is fair.
In volo, nella nebbia e l’aria sporca. – Hover through the fog and filthy air.”

Se, come penso, la condizione di perdita del senso delle cose, per cui il “fair” appare “foul” e viceversa, non è condizione naturale, allora la domanda che sorge quasi inevitabilmente è: perché Macbeth precipita in questa condizione? Ecco. Di Shakespeare si dice sempre che è un grande poeta, un genio. Ed è vero. Shakespeare aggiunge un verso in cui spiega – con precisione – quando diviene vero che “fair is foul”. Accade “in volo, nella nebbia e l’aria sporca”.

L’essere in volo è una condizione assolutamente normale per le streghe. Ma non per Macbeth. Il genio credo stia in questo. Shakespeare costruisce un’immagine che per le streghe è semplice descrizione materiale della propria realtà fisica, ma che poi vale anche per Macbeth, e per tutti gli esseri umani, in un senso necessariamente non fisico.
Anche Macbeth, in qualche modo, è in volo nella nebbia e nell’aria sporca. Per questo precipita nella confusione mentale e non riesce più a vedere con chiarezza e a distinguere ciò che è bello da ciò che è brutto.

Come interpretare – umanamente – questa immagine del volo nella nebbia e nell’aria sporca?

Il volo penso sia, tipicamente, l’idea della perdita di contatto con la realtà. Il non stare più, come si è soliti dire, “con i piedi per terra”. Il volo è condizione personale. E’ Macbeth, cioè, che in qualche modo perde il contatto con la realtà. Cosa curiosa – e molto interessante – è che la perdita di contatto con la realtà di Macbeth avviene quando riceve una notizia positiva, ossia il fatto che sarebbe divenuto Re.

La nebbia dovrebbe essere immagine della visione offuscata, dell’incapacità di cogliere le cose per come sono per difetto di visione. La nebbia è un fenomeno naturale. Indicherebbe quindi un contesto in qualche modo dato, che offusca la vista. Il contesto sociale e culturale, forse, rappresentano la migliore approssimazione a quello “naturale” della nebbia.

E l’aria sporca? Molto difficile. Credo sia la più complessa da interpretare.
Raramente la sporcizia dell’aria è causata da fenomeni naturali. E’ solitamente causata da un contesto sociale. L’aria, insomma, si sporca solitamente a causa di qualcuno che l’ha sporcata. Anche in questo caso, come per la nebbia, sembrerebbe da intendersi come un dato di fatto, ma causato in modo chiaro da qualcuno. Mi viene da pensare quindi a un contesto sociale più ristretto e non genericamente culturale, come quello familiare, che nel caso di Macbeth è certamente deleterio.

Per cadere in una confusione mentale talmente grave da non riconoscere più ciò che è “fair” da ciò che è “foul”, bisogna quindi perdere il contatto con la realtà e vivere in un contesto culturale opaco, in rapporto a persone che sporcano l’aria che si respira.

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