La ormai semi-dimenticata storia del novecento. I personaggi che hanno modificato il corso degli eventi; l’inizio di avvenimenti che caratterizzano la società odierna. Un documento di importante valore storico ancor prima che un libro di grande interesse sia per il fine che si pone che per l’importanza a livello giornalistico. Il fine che la stessa autrice si prefigge è quello di scrivere “una testimonianza diretta su ventisei personaggi politici” senza essere però “una semplice raccolta di interviste per gli studiosi del potere e dell’antipotere”.
Posto in grande rilievo sia dalla dedica che nella premessa è il potere inteso come capacità di influenzare in maniera determinante persone o situazioni. Subito viene chiarita la posizione dell’autrice rispetto al potere. Una posizione di netto distacco e decisa intolleranza verso chiunque lo eserciti. Un atteggiamento di rifiuto che caratterizzerà naturalmente l’intero susseguirsi di interviste. Tutti gli intervistati hanno un elevato potere perché possono suggestionare, attraverso diversi sistemi, le masse. La legittima e molto forte presa di posizione rischia di sembrare eccessiva se si considera il potere come un qualcosa di naturale ed inevitabile in una società organizzata, e che qualcuno, entro determinate regole, deve comunque amministrare. Il rifiuto della scrittrice è però da inserire in una personale ideologia molto più complessa che traspare e caratterizza ogni singola riga del libro.
Le domande hanno un duplice obbiettivo. Il primo è quello di arrivare a mostrare coloro che detengono il potere per ciò che sono in realtà, sia attraverso una spietata descrizione che con quesiti personali. Il secondo è una descrizione di come viene adoperata l’influenza sulle masse, attraverso l’analisi di cause ed effetti di determinati atteggiamenti, soprattutto politici ma anche sociali e militari. Le interviste infatti, analizzano principalmente la situazione di vaste aree geografiche o lo svolgimento di alcuni avvenimenti che possono essere inseriti nel contesto che si vuole approfondire.
Non vengono presi in considerazione gli avvenimenti posteriori al momento di composizione del libro che è stato integrato dopo la sua prima pubblicazione.
Viene sollevato un altro interessante interrogativo: può solamente un uomo caratterizzare la vita di milioni di persone o è l’insieme delle persone che rendono potente un uomo? I potenti sono solamente persone con le doti adatte che si trovano al posto giusto e nel momento giusto? La storia dipende da tutti o da pochi? Il quesito viene considerato troppo complesso ed ambiguo per avere una soluzione anche se poi tra le righe si legge che:“sconsolato concludi che a dare una svolta anziché un’altra son pochi”. Anche se questi pochi non sono necessariamente superiori agli altri. Tra le varie tesi a riguardo viene sconfessata anche quella dei Marxisti secondo cui tutto si risolve con la lotta di classe e quindi a scrivere la storia non sono né tutti nè solo uno ma diverse categorie in lotta tra loro, “presto obbietti che senza Marx non esisterebbe il Marxismo”. La realtà del fatto è chiaramente indiscutibile poiché nessuno può dimostrare che qualcun altro avrebbe scritto il Capitale, questo però non significa che l’analisi storica di Marx sia errata ma solo che senza un singolo forse non sarebbe mai stata scritta.
L’analisi degli argomenti trattati è molto vasta ed affascinante.
Le interviste a Thieu, Giap e Kissinger vertono soprattutto sulla Guerra nel Vietnam. Uno dei più grandi errori della politica Americana che viene trattato in un momento in cui la pace per il popolo statunitense era diventata una necessità. Appare chiara la diffidenza tra Kissinger e Thieu che costò molto al presidente Nixon visto che ritardò senza dubbio la pace. Vengono evidenziati da Giap alcuni errori militari degli USA primo fra tutti quello di portare la guerra nel Vietnam del Sud. Kissinger si presenta come liberatore in realtà il Vietnam è solo un anello nella ampia strategia mondiale che ha come primo punto quello di togliere in qualsiasi modo qualsiasi territorio ai comunisti. Il contesto mondiale si presenta come sottolinea Helder Camara il “vescovo rosso” , diviso in cinque giganti: “i due giganti capitalisti, i due comunisti, e un quinto gigante che è un gigante dai piedi d’argilla cioè il mondo sottosviluppato”. I “giganti” capitalisti sono gli Stati Uniti ed il Mercato Comune Europeo, i “giganti” comunisti sono la Cina e l’ Unione Sovietica. L’Unione Sovietica dopo la svolta del ventesimo Congresso dell’ Internazionale Comunista aveva ormai intrapreso una parabola discendente che la porterà ad una minore importanza globale, gli Stati Uniti dopo un periodo di chiusura in se stessi si erano aperti all’esterno e come oggi influenzavano una grande area del mondo, la Cina aveva iniziato quella ascesa che ancora deve completare che la ha portata ad avere un ruolo fondamentale nell’economia mondiale ed in Europa si stavano spegnendo le ultime dittature ( Spagna, Portogallo,Grecia) e stava prendendo piede una forma di governo democratica , spesso socialista.
Oriana Fallaci esprime, come anticipato nella premessa, una propria opinione che è prevalentemente anti-americana sia nella descrizione della situazione Vietnamita che in quella del Medio Oriente ma anche nella intervista a William Colby e Otis Pike. Se è senza dubbio vero che qualsiasi analisi corretta di queste tre situazioni non può che non dare un esito che porterà ad un giudizio negativo della politica americana e che una scrittrice può ed in molti casi deve avere una posizione, il valore giornalistico, in quanto completamente obbiettivo, subirà comunque un naturale abbassamento. Le interviste ad Indira Gandhi o a Golda Meir ad esempio, risentono molto del positivo parere che ha di loro l’intervistatrice. Se è vero che un libro del genere non deve prescindere dalla opinione personale della scrittrice è anche vero che questo va ben sottolineato nel momento in cui si parla di documento a cavallo tra giornalismo e storia proprio per non usufruire di quella capacità di influenzare che si vuole allontanare.
Nella stessa ottica vanno viste le altre pagine riguardanti l’India ed il Pakistan, la situazione Europea, il Brasile, la Cambogia ed il Medio Oriente.
Da sottolineare con particolare attenzione le parole di estrema soddisfazione del proprio operato che hanno i personaggi che hanno in Europa combattuto contro le dittature come Pietro Nenni in Italia. Nonostante ciò “…risolto un problema se ne pone subito un altro. O altri.E’ una caratteristica dell’uomo. L’uomo non accetta mai lo status quo, non arriva mai a dire non ho più problemi. Guai se lo facesse. Tutto si impianterebbe, si avvilirebbe, e verrebbe a mancare la molla che rende accettabile la vita. Cioè la ricchezza costante di qualcosa di meglio”. Per una corretta analisi della situazione politica attuale non si possono non riesaminare documenti passati, viene naturale porsi quesiti sull’operato dei successori dei politici del dopofascismo se trent’anni fa c’era compiacimento nell’analizzare la situazione italiana nonostante non mancasse la molla descritta da Nenni per andare verso un miglioramento, ed oggi a qualsiasi analisi si presentano notevoli difficoltà a giudicare l’evoluzione di problemi presenti già molti anni fa.
E, forse la questione Palestinese, alla luce dei recenti avvenimenti, ad avere il maggior interesse. Pienamente rappresentata da vari personaggi,la visione di ambo le parti il quadro che ci viene presentato ha una soddisfacente completezza nonostante la complessità dell’argomento. La questione Palestinese era assai lontana da una qualsiasi risoluzione e nelle parole di Arafat si può leggere la convinzione che la guerra sarà di lunghissima durata. Si sono spese anche troppe parole su una situazione che mai si risolverà da sola se non con la scomparsa di uno dei due popoli. Ma vedendo la situazione con l’ausilio del tempo, cosa che la Fallaci si ripropone di non fare, abbiamo potuto assistere al compimento di una politica di sfruttamento iniziata allora e che solo oggi si ripercuote sul mondo. Peres scrive che se l’occidente si considera in piena globalizzazione, deve prendere in considerazione che la globalizzazione non potrà essere solo uno strumento di sfruttamento, perché anche le guerre diventeranno inevitabilmente responsabilità mondiale, in quanto finiranno per condizionare ogni paese in qualsiasi settore. Troppe parole. Re Hussein di Giordania: “Quando gli uomini subiscono un abuso e hanno la rabbia in cuore, i loro atti hanno conseguenze incontrollate. Ciò mi addolora ma non mi scoraggia. Arriveremo ad un accordo…” dopo cinque mesi i beduini sterminarono i fedayn.
Come emblematica fine viene messa l’intervista ad Alessandro Panagulis. Traspare ovviamente, il grande amore che nacque tra la scrittrice Italiana ed il principale artefice della resistenza greca. Alessandro Panagulis era anche lui detentore di un grande potere, ed il porlo come conclusione apre un altro discorso che completa la visione sul potere. Quest’ultimo intervistato è da considerare come ciò che un uomo dovrebbe essere. Con tutti i personaggi che ritiene degni di governare la Fallaci si apre ad una nuova interpretazione. Non dare potere a nessuno, anche se si può considerare corretto in teoria, è difficilmente realizzabile nella pratica. Anche chi fugge il qotere inisce per accettare con chi lo detiene purchè sia degno di essere considerato un uomo.