Vita e Opere di Giacomo Leopardi

Giacomo Leopardi nasce a Recanati (provincia di Macerata), il 29 giugno 1978, dal padre Monaldo, un conte, e dalla madre Adelaide dei Marchesi Antici.

Casa Leopardi ospita una nutrita biblioteca di cui il conte Monaldo si prende molta cura, in questo contesto molto colto il piccolo Giacomo Leopardi, fin da bambino si appassiona alla lettura e allo studio di autori inglesi, francesi e greci, talmente tanto da preoccupare il padre che tentava di esortatlo a condurre una vita sociale più attiva.

A. Ferrazzi, Giacomo Leopardi, Casa Leopardi, Recanati, 1820 circa.
A. Ferrazzi, Giacomo Leopardi, Casa Leopardi, Recanati, 1820 circa.

L’amore per lo studio, porta Leopardi ad acquisire alcuni problemi di salute, tra cui il deterioramento del suo aspetto esteriore. Questi problemi sono oggetto di dicerie sul famoso pessimismo leopardiano, che lo scrittore però smentisce di continuo affermando che i suoi difetti estetici non sono ispirazione delle sue opere.

Leopardi è una persona dalla sensibilità e cultura straordianaria.
A diciotto anni inizia a scrivere odi greche, che vengono inizialmente credute antiche, per poi dedicarsi ad opere d’erudizione storica e filologica.

Tra le prime opere erudite, vi sono le due tragedie “Pompeo in Egitto” e la “Virtù Indiana” (1812), seguono l’opera compilatoria “Storia dell’Astronomia” (1813), “Discorso sopra la vita e le opere di Frontone” (1813), la prima opera di carattere filologico “Porphyri de vita Plotini et ordine librorum
ejus
” (1814), “Commentarii de vita et scriptis rhetorum quorundam qui secundo post Christum saeculo vel primo declinante vixerunt” (1814), “Orazione agli italiani in occasione della liberazione del Piceno“, “Saggio sopra gli errori popolari degli antichi”, “Giulio Africano” (1815).

Tra il 1815 e il 1816 per Leopardi si verifica la cosiddetta “conversione letteraria”, un periodo in cui lo scrittore inizia a dedicarsi non solo all’erudizione ma anche alla poesia, considerata dallo stesso autore “il bello”. In questo periodo Leopardi abbandona sia la politica reazionaria di suo padre che la dedizione alla religione cattolica.

Le nuove inclinazioni letterarie di Leopardi, iniziano con l’idillio funebre “Le rimembranze” (1816), “Inno a Nettuno” (1817), la tragedia incompiuta “Maria Antonietta” (1816), “Sonetti in persona di
Ser pecora fiorentino beccaio
” (1817-1826), “Appressamento della morte” (1816), “Diario del primo amore” e “Elegia” (1817-1832).

Durante il lavoro su queste opere, Giacomo Leopardi è monco di una propria vita personale e sociale, non intraprende nessuna relazione interpersonale concreta e duratura, ad eccezione dei rapporti con la famiglia.

Viene accentuandosi in questi anni un profondo dissidio interiore che influenza le sue opere che mostrano spesso il suo ‘pessimismo’ e la sua ‘malinconia’, come si è soliti ricordare.

Nel 1817, Leopardi ha una deformazione della colonna vertebrale e dei disturbi nervosi. In questi anni stringe diversi rapporti epistolari, in particolare con Pietro Giordani che riesce ad incontrare di persona nel 1818, confermando la loro amicizia inziata tramite lettere. Questo incontro stimola Leopardi ad impegnarsi concetamente
nella vita culturale, pubblica “Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica” (1918), in cui si nota come lo scrittore sia influenzato dallo studio di Rousseau, e dall’amore verso la natura che secondo Leopardi.
Sempre in questo periodo vengono pubblicate le canzoni civili “All’Italia” e “Sopra il monumento di Dante che si preparava in Firenze” (1818), in cui Leopardi ricorda l’eroismo di alcuni italiani nelle guerre napoleoniche, e l’impegno civile di Dante Aligheri.

Durante l’estate del 1817, Leopardi annota alcuni appunti per la stesura dello “Zibaldone di pensieri”, su cui lavora con impego e dedizione fino al 1832. In quest’opera, Leopardi affronta molti temi diversi ma intrecciati tra loro, anche in riferimento alle sue esperienze di vita. Si tratta di un’opera unica nel panorama letterario mondiale. Una sorta di ‘diario’, ma curato e profondo e rivolto agli altri. Non, insomma, un diario nel senso di uno ‘sfogo’ personale.

Gaetano Guadagnini, Giacomo Leopardi, incisione su rame (Da un ritratto di Luigi Lolli del 1826), 1830.
Gaetano Guadagnini, Giacomo Leopardi, incisione su rame (Da un ritratto di Luigi Lolli del 1826), 1830.

Variegato ed eterogeneo lo Zibaldone raggiunge nel corso negli anni dimensioni ragguardavoli. Un testo fondamentale nella storia della nostra cultura, ma anche un testo complesso, quasi ‘monumentale’, in cui ci si perde e ci si ritrova ad ogni pagina.

Filosofia, letteratura, linguistica, problemi etici e sociali, il pensiero di Leopardi tocca diversi ambiti del sapere.

Leopardi è celebre soprattutto come poeta, eppure la sua opera fornisce spunti interminabili a tantissime discipline. Solo per fare un esempio, due dei maggiori filosofi italiani contemporanei, Bobbio e Severino, hanno considerato Leopardi il più importante filosofo italiano di sempre.

In questo periodo, Leopardi scrive anche diverse poesie che descrivono situazioni considerate scambrose con un linguaggio classicistico, “Per una donna inferma di malattia lunga e mortale” e “Nella morte di una donna fatta trucidare col suo portato dal coruttore per mano e arte di un chirurgo”, vi è poi una tagedia pastorale incompiuta “Telesilla”, mentre tra il 1818 e il 1819, influenzato dalla lettura de “I dolori del giovane Wether” di Goethe si dedica alla prosa autobiografica “Ricordi d’infanzia e di adolescenza ” in cui predomina il suo amore verso le potenzialità artistiche ed emotive che incarna il paesaggio naturale. Con lo “Zibaldone” viene sviluppata la “teoria del piacere” prorpia del Leopardi, ovvero una sua concezione delle passioni umane.

In questo periodo, Leopardi si inamora perdutamente della cugina, Geltrude Cassi Lazzari, che però non corrisponde il suo amore. Nel febbraio 1823 Leopardi riesce a lasciare Recanati, luogo in cui è vissuto per molto tempo me sentendosi prigioniero di una cultura troppo provinciale, e si trasferisce a Roma da suo zio. Qui però, Leopardi rimane deluso perchè considera la capitale una città piena di superficialità e persone frivole. Ritorna dunque a Recanati dove rimane un paio d’anni.
Tra il 1818 e il 1821 scrive gli Idilli, anche se la datazione non è certa. Recentemente è stata proposta una datazione tra il dicembre 1825 e il gennaio 1826. E’ il periodo di “La quiete dopo la tempesta” , “Il sabato del villaggio”, “Nuovo Ricoglitore”, “L’infinito”, “La sera del dì di festa”, “Alla luna”, “Il sogno”, “La vita solitaria”, “Odi, Melisso” .

Tra il 1820 e il 1823 è il periodo delle Canzoni “Ad Angelo mai”, “Nelle nozze della sorella Paolina”, “A un vincitore nel pallone”, “Bruto minore”, “Ultimo canto di Saffo”, “Alla primavera o delle favole antiche”, “Inno ai Patriarchi”, “Alla sua donna”.

Nel 1826 Leopardi legge all’Accademia dei Felsinei l’ “Epistola al conte Carlo Pepoli”.
Tra il 1824 e il 1832 è il periodo della “Operette morali”, si tratta di 24 brevi testi a cui Leopardi si
dedica sin dal 1820, e in cui esprime tutto il suo pessimismo riguardo alla vita umana, destinata alla sofferenza.

Nel 1825, Leopardi si trasferisce a Milano, e conosce Vincenzo Monti, poi nel 1826 si trasferisce a Bologna, e nel 1827 a Firenze dove conosce Alessandro Manzoni. Vive invece a Pisa nel 1827-28.
Leopardi riesce a sopravvivere lavorando per l’editore milanese Stella, traduce testi dal greco all’italiano, commenta le rime del Petrarca, e compila antologie di letteratura italiana.

Quando questo lavoro termina, torna a Recanati nel 1828, e nel 1830 torna a Firenze, invitato dal Colletta e tramite cui riesce a stringere amicizia con l’esule napoletano Antonio Ranieri.

La visione pessimistica della realtà circostante continua nelle opere “Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani” (1824), seguono “Il Risorgimento” (1828), “A Silvia” (1828), “Il passero solitario” (1831), “Le ricordanze” (1829), “La quiete dopo la tempesta” (1829-31), “Il sabato del villaggio” (1829), “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” (1829), “Ciclo di Aspasia” (1834), “Amore e morte” (1832), “Consalvo” (1832), “Canzoni sepolcrali” (1834-35), “Ultimi canti” (1835-37), “Palinodia. Al marchese Gino Capponi” (1835), “La ginestra o il fiore del
deserto
” (1836), “Il tramonto della luna” (1836), “Pensieri” (1845), “Epistolario” (1810-1837), “I nuovi credenti” (1835) , “Paralipomeni della Batracomiomachia” (1831-1837).

Leopardi, vive un altro amore molto complicato nei confronti di Fanny Targioni Tozzetti. Nel 1836 per evitare l’epidemia del colera, raggiunge le falde del Vesuvio, e il 14 giugno 1837 Leopardi muore alla giovane età di 39 anni, a causa dei suoi problemi di salute aggravatisi nel tempo.

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