Gente di Dublino di James Joyce – Introduzione alla lettura

Con lo pseudonimo di Stephen Daedalus, lo scrittore irlandese James Joyce pubblica nella prima metà del Novecento una raccolta di quindici racconti brevi il cui titolo originale è The Dubliners. Gente di Dublino, appunto, esce nel 1914 pubblicato da Grant Richards dopo ben tre cambi di editori diventando uno dei capolavori della letteratura contemporanea.

I racconti erano stati scritti in precedenza, quando l’autore era poco più che un ventenne, tra il 1904 e il 1907. Alla base di queste iniziali titubanze da parte degli editori vi erano ragioni legate al contenuto dei romanzi ma anche alla loro organizzazione formale che nel complesso poteva apparire distante dalla tradizione dal momento in cui raccoglieva all’interno dello stesso corpus una serie di romanzi anche piuttosto diversi tra loro.

Gente-di-Dublino - James-Joyce

I protagonisti di queste vicende sono, come suggerisce il titolo, gli abitanti di Dublino. L’autore ne osserva comportamenti, reazioni alla propria condizione di esseri umani, scruta stati d’animo, riflessioni, scorci di vita, di fasi e momenti esistenziali. Joyce mette in scena il rapporto tra individui e vita sociale, costumi dell’epoca, politica e religione. La società del tempo è al centro della narrazione, ne vengono descritti paesaggi reali in maniera dettagliata, soprattutto quelli naturali, o anche gli interni delle abitazioni vengono analizzati minuziosamente. Il tutto corrisponde a un intento che potremmo definire simbolico e in questa visione anche la ridondanza di particolari finisce per sottolineare un senso ben più profondo che generalmente riguarda un aspetto della vita dei protagonisti.

I dettagli sono realistici ma nascondono anche un livello di lettura simbolico nato dalla loro combinazione. Anche il procedimento epifanico viene spesso utilizzato dallo scrittore come tecnica fondamentale della narrazione. Un dettaglio o un elemento apparentemente senza significato è il motore che accende una riflessione nell’animo del personaggio. Questa casualità porta il personaggio a cogliere un senso che altrimenti difficilmente avrebbe trovato modo di manifestarsi nella sua vita. In fondo, uno dei ruoli dello scrittore moderno consiste proprio in questa capacità di lasciare emergere attraverso il racconto quei significati nascosti che sono però importanti per la comprensione del proprio vissuto e della propria epoca, delle dinamiche sociali e culturali.

Tutte le storie possono essere lette come suddivise in sezioni che riguardano un momento della vita dell’essere umano. Vi è l’infanzia al centro de “Le sorelle”, “Un incontro”, “Arabia”; l’adolescenza in “Eveline”, “Dopo la corsa”, “I due galanti”, “Pensione di famiglia”; l’età adulta in “Una piccola nube”, “Rivalsa”, “Polvere”, “Un caso pietoso”; momenti di vita pubblica in “Il giorno dell’Edera”, “Una madre”, “La grazia”. Infine un epilogo che porta il titolo di “I morti”.

Com’è semplice intuire, Joyce mette in scena la società del tempo con tutto il decadimento di valori morali, spirituali, politici e culturali che riguardano la sua terra. Si parla di “paralisi” morale in riferimento a questo concetto chiave che è presente all’interno di ogni racconto e corrisponde a un momento peculiare della narrazione. Da questa paralisi scaturisce però una riflessione o, se vogliamo, presa di coscienza della propria condizione.

Joyce non ricorre però ad un unico punto di vista come farebbe un narratore onnisciente ma consente ai suoi protagonisti di essere “autonomi”, di parlare con il “discorso diretto” lasciando che il lettore possa accostarsi al loro mondo e alle sue dinamiche in maniera più diretta.

I protagonisti che si muovono all’interno del mondo raccontato da Joyce lo fanno animati da sentimenti contrastanti attraverso i poli concettuali di fuga e paralisi. Appunto, il panorama della società irlandese del tempo è quello di un Paese che anelava a una libertà e autonomia rispetto alla presenza inglese. Non è un caso se nella seconda metà dell’Ottocento proprio C. Stewart Parnell rappresentò una figura importantissima per gli sviluppi politici della sua terra, supportando i bisogni delle classi meno abbienti, riattivando una riflessione e un interesse anche culturale tra la gente irlandese, nonostante con la morte della figura politica, le cose tornarono in uno stato di temporanea “paralisi”. Il periodo culturale e politico si ritrova efficacemente riflesso nelle dinamiche dei romanzi che compongono Gente di Dublino.

Joyce compie un viaggio all’interno dell’animo dei personaggi, soprattutto donne e bambini, ne scruta le azioni anche più banali e quotidiane, li osserva muoversi all’interno della proprio ordinarietà, al sicuro delle loro abitudini, lascia che dalle loro esistenze emergano sentimenti contrastanti che in fondo possono riflettere la vita di persone che potrebbero essere cittadini del mondo e non necessariamente di Dublino. Sta qui la straordinaria capacità di osservazione di Joyce. I suoi personaggi diventano personaggi universali, emblematici della condizione dell’uomo contemporaneo, del timore del cambiamento e della possibilità di una via di fuga che possa liberare l’animo dal pericolo della paralisi, del desiderio di libertà, e di tutti i contrasti che rendono l’essere umano unico ed estremamente fragile.

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