Il Decameron di Boccaccio: le tematiche fondamentali

Una delle opere letterarie più rilevanti del Trecento italiano è il Decamerone o Decameron. Questa raccolta di cento novelle scritta da Giovanni Boccaccio nel corso del XIV secolo rappresenta una testimonianza importante di quella particolare fase evolutiva della letteratura italiana che vede l’affermazione della prosa in volgare, un fenomeno che negli anni successivi si andrà sempre più consolidando. Non è un caso se all’interno di questo progetto creativo l’autore faccia uso del volgare per narrare una serie di valori legati alla classe sociale che in quel tempo era in ascesa: la borghesia mercantile. Come vedremo, anche la formula compositiva che è appunto quella novellistica rappresenta una novità all’interno del contesto culturale in cui Boccaccio scrive.

Waterhouse - Decameron
John William Waterhouse, A Tale from Decameron, 1916, Lady Lever Art Gallery, Liverpool.

Introduzione alla lettura del Decameron

Il libro fu scritto da Giovanni Boccaccio attorno agli anni 1349-51. Si tratta di una rappresentazione del quadro di valori laici che si andavano affermando nella prima metà del XIV secolo. Non sono le tematiche religiose ad occupare uno spazio fondamentale ma come vedremo, altri temi che riflettono un atteggiamento moderno e teso all’osservazione della società del tempo e dei cambiamenti in atto.

Il ceto mercantile, la vita cortese, la messa in discussione di alcune tematiche legate alla morale religiosa, sono gli elementi chiave che compongono questo capolavoro della nostra letteratura. Non è un caso se il Decameron ebbe un grande successo all’interno del ceto mercantile che proprio in quegli anni era protagonista della vita economica italiana. Inoltre, al Decameron è legato un aggettivo come boccaccesco che viene utilizzato proprio in riferimento a quel carattere licenzioso che connota la natura delle novelle e certamente avrà avuto un ruolo nella diffusione dell’opera, e nel generare riflessioni e interpretazioni anche nei contemporanei.

Il titolo dell’opera deriva dal greco antico e unisce le due parole δέκαdéka, “dieci”, ed ἡμερώνhēmeròn, ovvero “giorni”. Il numero dieci emerge come elemento simbolico importante all’interno di una composizione letteraria che ha destato attenzione, apparendo agli occhi dei contemporanei persino come “scandalosa” per alcuni aspetti legati all’intreccio narrativo.

Botticelli - Decameron
Sandro Botticelli, La novella di Nastagio degli Onesti, Museo del Prado, Madrid.

Un gruppo di dieci giovani fiorentini, di cui sette donne, si trasferiscono per dieci giorni fuori dalla città a causa della peste nera, raccontandosi delle novelle. L’opera si apre con un’espressione che appare importante per comprendere gli intenti del suo autore: “Comincia il libro chiamato Decameron cognominato prencipe Galeotto, nel quale si contengono cento novelle in dieci dì dette da sette donne e da tre giovani uomini”. Ritroviamo in queste parole un riferimento a Galeotto, ovvero un personaggio che appartiene al romanzo cortese e che fu testimone dell’amore tra Lancillotto e Ginevra. Il riferimento a questo personaggio non termina qui. Infatti, all’interno del V canto dell’Inferno di Dante, c’è una famosa frase con la quale Francesca chiude il racconto ed è “Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse”.

Boccaccio presenta la Firenze del tempo, una città sulla quale si è abbattuta la peste, e appunto, sette giovani fanciulle decidono di lasciare la città per rifugiarsi in una dimora in campagna con intenti di socializzazione e fuga dal clima che la peste inevitabilmente ha portato con se’. Al gruppo di giovani donne si unisce un altro gruppetto di ragazzi. In totale si tratta di dieci personaggi che passano il loro tempo narrando dieci novelle per dieci giornate, e dunque cento novelle complessive. Ogni giorno viene eletto un re o una regina che avrà il ruolo di condurre tutte le attività giornaliere e stabilire un tema prescelto per le narrazioni.

Alcuni temi del Decameron di Boccaccio

Una delle novità che colpisce di questa opera è la modernità con la quale Boccaccio presenta tematiche che potrebbero apparire in contrasto con la morale del tempo, soprattutto in riferimento all’eros, alla passione e all’amore. Qui gli istinti vengono considerati naturali e parte dell’essere umano, assolutamente in contrasto con tutto il moralismo che imperava nella società medievale. Di conseguenza, vi è un’osservazione dei cambiamenti della società, dei comportamenti e dei giudizi che vengono formulati sulla base di una serie di valori che non possono che rivelarsi ormai anacronistici.

Anche il ruolo della donna sottoposto a rilettura rispetto al passato ma si tratta di un tentativo ancora embrionale di superare la visione tradizionale e antitetica di donna angelo e donna demone. Eppure in un personaggio femminile come Ghismunda si coglie un fermento di novità, soprattutto perché attraverso il personaggio emerge una sorta di riscatto amoroso delle donna o emancipazione rispetto ai codici del buon costume. L’amore terreno e sensuale non viene condannato ma integrato ma siamo ancora lontani dalla rivalutazione della figura femminile del rinascimento. La donna presentata nel Decamerone è una figura legata e soggetta a un’influenza maschile, e dunque, tutt’altro che emancipata. Anche la dimensione nuova legata alla borghesia mercantile viene presentata nella trama narrativa. Molti dei racconti sono ambientati in contesti legati a questo ceto sociale anche se il mondo dei nobili e dell’aristocrazia tradizionale trova ancora uno spazio importante e fondamentale. Boccaccio celebra i cambiamenti ma guarda con ammirazione quella corta angioina che aveva avuto modo di frequentare durante la sua permanenza a Napoli.

William Holman Hunt - Decameron
William Holman Hunt, Isabella and the Pot of Basil, 1867. Lisabetta piange sul vaso di basilico l’amato Lorenzo (quinta novella della quarta giornata).

Quanto alle scelte linguistiche, lo scrittore fiorentino si serve del volgare ma utilizza una varietà di stili espressivi in relazione ai personaggi e alle ambientazioni proposte. Come modelli di riferimento possiamo citare il Novellino e il Libro dei sette savi, oltre che alla tradizione della prosa latina e alle sue costruzioni sintattiche anche piuttosto elaborate. Il primo titolo, il Novellino, fa riferimento a un lavoro letterario in volgare fiorentino che presenta delle somiglianze con il Decameron. Quest’ultimo però colloca le sue novelle in un racconto che funge da “cornice” generale. Questo aspetto accosta il Decameron alla tradizione novellistica di stampo orientale come poteva essere Il Libro dei sette savi che probabilmente Boccaccio avrà avuto modo di conoscere e leggere.

Il Decameron ha ispirato diverse trasposizioni cinematografiche. Tra queste, l’opera di Pasolini è una delle più importanti e celebri. Il Decameron di Pasolini è del 1971 e rappresenta una rilettura delle novelle in ambiente napoletano. Anche questa pellicola pur appartenendo al Novecento ha subito censure a causa delle scene presentate. Al Festival del Cinema di Berlino è stata premiata con l’Orso d’Argento.

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