Alcuni appunti su Perelman in cui vengono brevemente ricordati alcuni punto di contrapposizione tra la logica e la retorica.
Logica e retorica riguardano entrambe la pratica dell’argomentare: che cos’è un buon argomento?
Sono poi due arti complementari o contrapposte? Marziano Capella nel V secolo fornì il compendio del sapere classico, ripartito nel trivio e nel quadrivio. Arti del trivio sono la grammatica, la retorica e la logica; arti del quadrivio sono aritmetica, geometria, astronomia e musica.
Bono Giamboni, nel XIII secolo dice che la filosofia è una luce, dalla quale nascono appunto le sette arti liberali. Risulta dalla tradizione antica che logica e retorica sono due arti molto unite tra loro; la filosofia stessa usa da sempre la logica (detta anticamente anche dialettica). Tuttavia si trovano spesso contrapposte, inevitabilmente. Come già detto, Platone è uno dei portavoce della rivalità tra logica e retorica.
Perelman afferma che mentre la retorica si sforza di far prevalere certe opinioni su altre concorrenti, la filosofia ricerca una verità impersonale. Parmenide da inizio alla competizione tra le due arti quando afferma che l’uomo possiede solo opinioni, mentre la divinità possiede la verità. Nel suo Poema sulla Natura, appare che la via della verità si basa sulla persuasione (ma una persuasione fondata sulla verità). Bisogna seguire ciò “che è” (la verità) e non “ciò che non è” (l’opinione). A parte l’errore logico di parlare di ciò che non è (infatti non si potrebbe neanche esprimerlo), si mostrano le due vie separate.
Gorgia, tuttavia, argomenta contro Parmenide, affermando che: l’essere non è; se anche esistesse non si potrebbe conoscere; se anche si conoscesse non si potrebbe esprimere (da Sul non Ente o Sulla Natura). Da qui, solo l’opinione esiste e dunque solo la retorica è un’arte rispettabile, anzi fondamentale in quanto può convincere le persone di cose diverse (p. 164). Oggi diremmo che ci sono diverse opinioni e dunque nessuno è portatore di verità assoluta. L’uomo è misura delle cose. Quel che conta, dunque, è il prevalere di un’opinione su un’altra. A quanto pare, un erede di questo pensiero è Nietzsche. Egli sostiene che il concetto stesso di “verità” non è altro se non uno strumento retorico.
Anche Protagora è dalla parte della retorica, ovviamente. Egli afferma che di ogni cosa esistono due discorsi opposti e nega l’esistenza di una verità unica; quindi non vi è una verità assoluta ed è dunque il retore, maestro dell’opinione, ad avere la supremazia.
Dall’altra parte c’è Platone: egli crede in “una” verità che il filosofo deve perseguire e che si può raggiungere tramite la dialettica (logica); questa è una tecnica usata da Socrate che tende a smascherare le falsità mostrandone le contraddizioni (si sfrutta il principio di non contraddizione che poi sarà di Aristotele). Dunque le opinioni non possono essere “la verità”, in quanto opposte contemporaneamente.
Nel Gorgia, Platone contrappone Socrate a Gorgia, filosofia a retorica. Socrate chiede a Gorgia cosa mai sia la retorica. L’altro risponde che è l’“arte della parola”. Molte arti, infatti, non hanno bisogno della parola (come la pittura) o comunque non è essenziale e non hanno nulla a che fare con la retorica. Tuttavia, dice Socrate, vi sono altre arti che si esplicano solo tramite la parola, come l’aritmetica, la geometria… la matematica in generale dunque. In queste arti, i discorsi hanno una parte fondamentale. Secondo la definizione data da Gorgia (arte che si serve esclusivamente di un linguaggio senza che si risolva nell’azione pratica), parrebbe che anche l’aritmetica sia retorica. Che cos’è dunque la retorica? Qual è il suo oggetto? L’aritmetica, l’astronomia e la geometria hanno sì a che fare con la parola, tuttavia il loro oggetto è ben specifico (i numeri, il moto degli astri, i corpi bidimensionali o tridimensionali). E la retorica? Gorgia risponde che la retorica ha per oggetto “le migliori cose umane”. Ma, risponde Socrate, queste sembrano essere la salute, la bellezza e la ricchezza e ovviamente non sembra che la retorica si occupi di queste, bensì la medicina, la ginnastica e l’economia. Gorgia risponde che la retorica si occupa di libertà e di dominio sugli altri. La libertà di uno, ovviamente, e il dominio su molti. La retorica è dunque la capacità di persuadere chiunque in qualunque ambito, soprattutto politico. “Persuasione” è la parola chiave, dunque.
Socrate contrappone al discorso persuasivo, quello logico; cerca dunque di improntare il discorso in un altro modo. Chiunque insegna, qualunque cosa insegni, persuade; non la sola retorica. Cosa distingue dunque la retorica dalle altre arti? Gorgia dice che la retorica agisce nei tribunali e nelle assemblee; dunque sembra essere un’arte giudiziaria e politica. Inoltre, sembra trattare del giusto e dell’ingiusto. Socrate affronta l’argomento in modo razionale. Gorgia afferma giustamente che conoscenza e credenza siano due cose diverse. La nozione di conoscenza implica necessariamente la verità, quella di credenza no. Tuttavia sia chi sa sia chi crede, è persuaso della propria opinione! Dunque la retorica si occupa di una persuasione “con sapere” (scientifica) o “con credenza”? Gorgia afferma che la retorica si occupa di persuasione basata sulla credenza. Il retore, afferma Socrate, non è dunque maestro perché non può insegnare niente di scientifico, può solo persuadere. Infatti si può insegnare solo ciò che è conoscibile.
Come le altre arti, la retorica persuade, ma a differenza di quelle, questa persuade su qualcosa senza insegnare niente, genera solo credenza senza essere accompagnata da sapere. Non si cura della verità. Se si deve prendere una decisione, chi si deve ascoltare, chi ci da credenza o chi ci da sapere? Il retore non può dare pareri sulle altre materie, poiché non ha conoscenza su queste e dunque neanche competenza. Gorgia afferma che le scelte importanti in Atene furono prese da abili retori, non da tecnici; afferma che i retori possono influenzare le scelte delle persone anche più dei tecnici. Il retore secondo Gorgia può prevalere su tutti! Si può poi usare questa forza bene oppure male, per far del bene o per far del male. Bisogna usarla con discernimento. Volendo ne avrebbe la potenza, tuttavia il buon retore deve far uso della retorica secondo giustizia, senza abusarne. A questo punto Socrate fa appello ad un diverso modo di usare la parola. Sono rare le discussioni dopo le quali si è imparato ed insegnato qualcosa; senza ordine, divengono dispute in cui si cerca solo di vincere sull’avversario, senza badare alle buone maniere o alla correttezza degli argomenti. Socrate ha fatto questo discorso perché crede che Gorgia stia asserendo cose diverse da quelle che aveva detto in precedenza; dunque non sta andando con ordine. Socrate vuole avvicinarsi alla verità, quale che essa sia, a prescindere se sia lui a confutare o se sia lui a venire confutato; anzi è meglio essere confutati quando si è in errore, perché si viene liberati dal male della falsa opinione.