Logica: via della verità; retorica: via dell’opinione. La retorica si sforza di far valere certe opinioni su altre concorrenti, la logica (la filosofia) ricerca delle verità impersonali. Dunque una ha come oggetto il “soggettivo”, l’altra l’“oggettivo”. Parmenide → logica è persuasione basata sulla verità; retorica è persuasione basata sull’opinione.
Nel dialogo, sembra essere presente un altro “livello” di lettura. Nel discutere con Gorgia, Socrate interpone delle considerazioni sul modo in cui la discussione deve svolgersi. Egli descrive le proprietà di un discorso persuasivo che mira alla chiara comprensione delle cose, della verità; questa cosa può passare inosservata, per cui bisogna parlarne → Chi discute, lo fa con la ferma volontà di rendersi chiaramente conto di quello che sia l’argomento del discorso; i partecipanti hanno in comune il piacere della verità (con piacere si è anche confutati, qualora si capisca di essere nell’errore → ci si avvicina alla verità); il discorso procede con ordine in tutti i suoi passaggi; gli interlocutori definiscono ciò su cui si accingono a parlare; si evita di strapparsi la parola l’un l’altro; gli interlocutori dichiarano reciprocamente se una parola sia corretta o chiara, onde evitare incomprensioni o interpretazioni diverse; non si pensa che l’interlocutore parli per malevolenza; la molla non è il desiderio di vincere; la confutazione non è intesa come manifestazione di astio né come offesa; i discorsi degli interlocutori consistono in concise domande e risposte che si alternano, mentre i discorsi lunghi vanno evitati perché rischiano di confondere; gli interlocutori si lasciano avendo imparato qualcosa → la concisione vale per la dialettica fra due persone, i lunghi discorsi invece per la retorica davanti ad un pubblico (cfr. Perelman).
Dunque, riordinando il tutto in gruppi, questi risultano essere i principali:
- lo scopo comune degli interlocutori
- non vincere, né dominare ma apprendere
- le regole di condotta
- non interrompere
- lasciar modo di sviluppare il pensiero
- non attribuire malevolenza
- rispettare gli interlocutori
- l’ordine del discorso
- definire
- spiegare le parole
- mirare alla concisione
- fare domande brevi
- dare risposte brevi
Mentre Gorgia ha dato una descrizione della retorica, Socrate ha dato le regole essenziali del buon discorrere. Ricordare che conoscenza = credenza + verità + fondamento della verità.
La retorica mira alla credenza senza necessariamente la verità. Gorgia afferma che “di fatto”, il popolo Ateniese si lascia persuadere dai retori e non dagli scienziati. Sta poi al buon retore utilizzare la sua arte in modo positivo, per far del bene. Il maestro di retorica non ha colpa del cattivo uso che ne fa l’allievo.
Riprendendo il dialogo, Gorgia accetta il modo di discorrere indicato da Socrate e afferma di essere capace di insegnare chiunque a persuadere chiunque senza insegnare ma solo persuadendo. Socrate afferma che il retore può risultare più persuasivo dello scienziato solo se il pubblico è ignorante. Dunque il retore è ignorante di fronte ad ignoranti; si tratta dunque di apparire competente davanti ai non competenti, e questa è la materia della retorica. Gorgia afferma dunque che la retorica è una grande arte! Ma questo vale anche per il bello/brutto, giusto/ingiusto ed il bene/male? Gorgia afferma di no. Dunque ora tocca a Socrate, per rispondere a Polo, allievo di Gorgia, definire cosa sia la retorica: egli afferma che essa è una certa abilità empirica, un’“esperienza” di suscitare piacere. Infatti l’arte si dovrebbe basare sul sapere e non sulla mera esperienza; anche la culinaria non è un’arte ma solo un’abilità, un’esperienza. Socrate afferma che la retorica ha a che fare con l’adulazione, così come la culinaria, il saper vestire e la sofistica → qui Platone/Socrate utilizza un altro modo di discorrere: si cerca il concetto generale, poi si divide nelle sue specie e alla fine si giunge al concetto ricercato; dall’universale al particolare, dal genere alla specie; aristotelicamente parlando, si parte dal genere, per giungere alla specie (sostanze seconde), fino alla sostanza prima, che è la “cosa in quanto tale”.
Ci sono delle arti che sono volte alla cura del corpo e dell’anima; egli definisce politica l’arte che si cura dell’anima, mentre per quanto riguarda il corpo egli distingue tra ginnastica e medicina. La ginnastica mantiene in buona salute il corpo così come la legislazione nella politica mantiene in ordine lo Stato; mentre la medicina cura le malattie così come l’amministrazione della giustizia cura le malattie dello Stato. In tutto ciò, l’adulazione imita le arti del corpo e dell’anima ed è perciò una brutta cosa. La culinaria imita la medicina e di fronte ad una folla di ignoranti, il cuoco avrebbe la meglio sul medico; non è un’arte perché non sa quale sia il vero bene del corpo. La retorica è adulazione perché cerca di fare leva sui sentimenti, sulle passioni dell’uditorio per poter influenzare le loro scelte ed opinioni e persuaderli di qualcosa. Ella, attraverso il piacere che da al pubblico ignorante, lo seduce e lo convoglia verso ciò che vuole.
La retorica “negativa”, dunque, secondo Platone:
- è adulazione
- asseconda gusti e pregiudizi del singolo uditorio
- mira alla persuasione
- mira al dominio attraverso la persuasione
- non si cura della verità.
Questa concezione della retorica è presente anche in Russell nel suo Elogio dell’ozio (politica come retorica, come abilità adulatrice).
Questa concezione della retorica, comunque, torna anche nel Fedro. Nei tribunali come altrove, non importa ciò che sia vero ma solo ciò che sia verosimile, credibile, plausibile. Bisogna convincere gli astanti, non dimostrare loro la verità. In tutto ciò, qual’era l’opinione del vero Gorgia? Nel suo Encomio di Elena, Gorgia espone una concezione della retorica diversa da quello che Platone gli attribuisce nel Gorgia. Egli afferma che Elena non ha colpe perché se costretta fisicamente è innocente, se influenzata dalla parola anche. La persuasione è un’arma potente, paragonabile alla costrizione fisica! Pertanto è il persuasore (Paride, in questo caso) ad essere colpevole, non chi è stato persuaso (Elena). Il discorso persuasivo è scritto con arte ma pronunciato secondo verità.
Nel Fedro, (dialogo più avanzato) Platone parla di due retoriche: una cattiva, paragonabile a quella descritta da Gorgia; ed una buona, che tenga conto dell’uditorio. Sebbene la verità sia una sola per quanto concerne la conoscenza, bisogna esporre i fatti a seconda dell’uditorio: bisogna considerare la sua preparazione, i suoi interessi, le sue opinioni, mantenere vivo il suo interesse. Non si può affatto prescindere dall’uditorio per una buona arte retorica. Questo afferma Platone nel Fedro. Bisogna strutturare il discorso distinguendo la natura dell’anima: discorsi complessi per animi più sapienti, discorsi semplici per animi più ignoranti.
La cattiva retorica non si cura della verità, si adegua all’uditorio per dominarlo. La buona retorica si cura della verità, si adegua all’uditorio per coinvolgerlo.
Ancora sul logica e retorica in Socrate
Le argomentazioni principali a favore della retorica sono due: la prima, di Gorgia, sta nell’affermare che non esiste una verità assoluta (anzi non esiste nessuna verità) e che la retorica è dunque utile per convincere gli altri in assenza di certezze; la seconda, di Protagora, sta nell’affermare che per ogni cosa esistono due opinioni opposte, ed ognuna delle due è affermabile e confutabile al contempo.
Secondo il platonico Socrate, “la retorica insegna solo ai non competenti ad apparire competenti di fronte ad altri incompetenti”. Ovviamente qualora ci si debba affidare alle opinioni, non sapendo la verità, ci si fida maggiormente delle opinioni dei competenti (o di chi dimostra maggiormente di esserlo). Non basta che l’argomento sia commovente, provocatorio, avvincente, piacevole… deve essere credibile, verosimile, la persona che parla deve sembrare competente. Anche chi difende la retorica, come Gorgia, deve dunque fare ricorso alla verità, o comunque alla “verosimiglianza” per dimostrare l’importanza di tale arte (o abilità, disciplina, esperienza che sia).
La sofistica appare una contraffazione della legislazione, di quel discorso basato sulla conoscenza di ciò che è bene per la polis e che in base a questa conoscenza stabilisce le leggi della stessa, vale a dire ciò che è bene per la città e per il singolo cittadino; la sofistica, senza conoscere ciò che è bene, procurando piacere all’interlocutore (e apparendo competente), gli suggerisce ciò che deve conside-rare come giusto e buono. Nel Sofista, Platone afferma che il sofista è paragonabile ad una “fiera multiforme”. Una delle definizioni inquadra il sofista nella pratica del disputare, dunque una contraffazione della dialettica socratica: a differenza di questa, in quella lo scopo non è comprendere la verità od il pensiero altrui, bensì far prevalere il proprio. Nell’arte del dibattito, ci sono due aspetti; in quello pubblico, la “buona” retorica, con discorsi lunghi; in quello privato, la dialettica, con risposte e domande brevi e concise cfr. Perelman. Per quanto concerne la dialettica, chi ne fa uso per prevalere ed accumulare ricchezze è appunto il sofista, il quale fa uso dell’eristica, che appunto la contraffazione della dialettica in senso stretto. Qual è la differenza tra sofistica e retorica però? La retorica è contraffazione della legislazione, dinnanzi ad un pubblico vasto; la sofistica è contraffazione della dialettica, con un solo interlocutore. La retorica è un’arte parassitaria, è contraffazione di un’altra arte che persegue il bene ed il giusto basandosi sulla conoscenza di ciò che è bene e giusto; asseconda le opinioni di chi ha davanti.
Bisogna determinare che cosa curi il corpo o l’anima (e prima ancora che cosa siano entrambi) per poter poi agire e curare l’uno o l’altra effettivamente; tralasciando la metafora, si può dire che bisogna conoscere qualcosa per poterla poi insegnare, per poterlo persuadere; questa conoscenza si consegue tramite la dialettica. Dialettico è chi si rende ragione dell’essenza di ciascuna cosa.
La dialettica di Platone è riconducibile alla logica intesa in senso ampio come pratica (o teoria) delle argomentazioni che conducono alla verità; si può poi considerare la dialettica come quella espressa da Socrate/Platone, come l’arte del buon discorrere, che ha i suoi scopi, le sue regole di buona condotta. La cattiva retorica del Gorgia e del Fedro è contrapposta alla logica così intesa; la buona retorica è invece complementare alla logica così intesa.
In Platone abbiamo distinzione fra modi di argomentare;
1
- rispetto allo scopo di chi argomenta
- apprendere insieme
- insegnare
- vincere nella disputa (attribuito al sofista)
- mera persuasione senza verità
2
- rispetto agli interlocutori
- possono essere due o molti
- possono essere ignoranti rispetto all’argomento oppure no
3
- rispetto alla condotta degli interlocutori
- cooperazione
- competizione
- rispetto reciproco o mancanza di rispetto
- simmetrica o asimmetrica (dialogo oppure un solo parlante e diversi ascoltatori)
4
- rispetto alla forma dei discorsi
- brevi o lunghi
- che rendono esplicite le regole d’uso dei termini mediante definizioni e disambiguazioni oppure no
- che evitano o nascondono le contraddizioni oppure le “sbandierano” (come fa Gorgia)
Dalle differenze escono fuori i diversi modi di argomentare: l’eristica del sofista, la cattiva retorica di Gorgia, la buon retorica del Fedro, la dialettica socratica/platonica. Sono contrapposte: l’eristica alla dialettica; la cattiva retorica alla buona retorica. Tutte mirano a persuadere, la differenza sta nella ricerca o meno della verità. Possiamo concludere che in tutti questi generi diversi di argomento, per raggiungere lo scopo dobbiamo tenere comunque conto dell’interlocutore.
Perelman, tuttavia, scrive che il padre della logica e della teoria dell’argomentazione è Aristotele; nell’Organon, egli distingue in argomenti analitici e in argomenti dialettici. Negli Analitici studia alcune forme di inferenza, come il sillogismo (da due premesse logicamente connesse ne deriva necessariamente una conseguenza): è un metodo deduttivo. Un’inferenza da premesse P1… Pn a una conclusione C è deduttivamente valida se e solo se è impossibile che P1… Pn siano vere e C falsa. Il problema di questa definizione è relativo alla parola “impossibile”; inoltre non si potrebbe dare per scontata questa definizione, bisogna indagarne le cause.