Georges Perec: una vita in gioco

Se c’è uno scrittore che è riuscito a mettere sulla stessa pagina letteratura, matematica e anche musica, questo è senza dubbio Georges Perec.
Un autore di cui in Italia non si è parlato molto, o per meglio dire soltanto a tratti, come capita a quegli autori dalla personalità talmente “singolare” che difficilmente riescono ad essere inseriti in un ambito ben preciso.

Più conosciuto ed apprezzato in Francia, sua patria, Georges Perec, proprio per la sua singolarità, può sorprendere e affascinare chi ama la parola scritta in ogni sua sfumatura.
Nato nel 1936 a Parigi e morto a soli quarantasei anni, Georges Perec è stato autore tra i più prolifici non solo di romanzi e racconti, ma anche di appunti, note, inventari e poesie.

Perec

Una personalità letteraria così singolare da non assomigliare a nessun’altra”: così scrisse di lui Italo Calvino, membro anch’egli, come Perec, dell’OuLiPo, l’officina di letteratura potenziale fondata da Raymond Queneau e da François Le Lionnais nel 1960.
Una personalità letteraria caratterizzata da una minuziosità estrema, testimoniata da una miriade di materiali che raccontano il suo continuo e incessante percorso di esplorazione del quotidiano e che sempre riporta a quello stretto legame che c’è tra arte e vita.

Dei suoi testi pubblicati, sicuramente quello più conosciuto è La vie mode d’emploi, pubblicato e premiato in Francia nel 1978, tradotto in italiano con il titolo La vita, istruzioni per l’uso, oggi reperibile anche in un’edizione limitata con un intervento di Enzo Mari.
Una struttura che lungo cinquecento pagine lascia trasparire tutto lo stile più unico che raro del suo autore: un palazzo di dieci piani in un quartiere parigino e la descrizione, minuziosa, quasi maniacale, della vita di tutti i suoi abitanti. Un mosaico, un puzzle, storie dentro le storie che procedono con un ordine ben preciso, seguendo uno schema rigoroso, proprio del gioco degli scacchi.

Un autore che si può dire abbia saputo davvero giocare con le parole, cercando di utilizzare il maggior numero di possibilità (o meglio, al contrario, costrizioni) formali, linguistiche, matematiche, musicali, a partire dai lipogrammi (noto il suo La Disparition, tutto scritto senza l’utilizzo della lettera “e”, a cui – si potrebbe dire ovviamente – seguirà Le revenentes, scritto interamente utilizzando come vocale soltanto la “e”), per continuare con gli elenchi, le classificazioni, le descrizioni, gli indici impeccabili, le tecniche musicali seriali, le combinazioni, gli anagrammi, i palindromi, gli acrostici…

georges perec

Una ricerca, insomma, continua, geniale, appassionata, che lascia intendere un grande amore per la scrittura e anche (forse) il disagio di non poter con essa “contenere” tutto, di arrivare a qualcosa di finito, ed anche la necessità di “vedere” le cose, metterle al loro posto, chissà se per ricordarle oppure per poterle poi così dimenticare.

A questo proposito, la sua raccolta di quattrocentottanta frammenti: Je me souviens, che l’autore stesso indica ispirata ad I remember di Joe Brainard e che in tempi più recenti anche Matteo B. Bianchi ha ripreso per il suo Mi ricordo uscito per le edizioni Fernandel nel 2004.
Moltissime le opere che hanno costellato l’attività letteraria di Georges Perec e in cui la sua vita è necessariamente entrata a far parte, diventando essa stessa uno dei frammenti di quel gioco continuo e incalzante che ci ha voluto raccontare.

Alessandra Buschi

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