Le classi sociali e la crisi della democrazia rappresentativa

Si può vivere serenamente senza interpretare il mondo come diviso in classi. La società può essere analizzata come organizzata in ceti, mestieri, gruppi sociali di vario genere…come si fa oggi.

La cornucopia di sigle in cui si articola la nostra società, siano esse sindacali, associazioni, gilde corporative di ogni risma, pare però non particolarmente efficace a livello politico.

Le tante – tantissime – organizzazioni che popolano la nostra società hanno infatti un ruolo politico molto marginale. Anche nel caso di quelle più rappresentative – che sono davvero poche – esse rappresentano minoranze di minoranze ed hanno una rilevanza quasi nulla.
Gruppi di persone numericamente rilevanti, coscienti di avere degli interessi e un ruolo comune nella società, come è stata per l’appunto la classe operaia, possono invece incidere sulla politica.

crisi democrazia

Le democrazie rappresentative senza un’organizzazione interna efficace tendono a spegnersi, a morire come democrazie. Continuare a interpretare la sempre maggiore quota di non votanti come causata dalla scarsa qualità della classe politica è in parte vero, ma decisamente limitante.

L’idea che un un gruppetto di dirigenti di partito, e in molti casi una sola persona, riesca a rappresentarne direttamente milioni è assurda, metafisica. Significa rendere il populismo un fenomeno strutturale, l’unica alternativa possibile: il rapporto diretto tra un leader o un gruppetto di leader e milioni di persone. E’ normale, in un quadro del genere, che gli elettori restino delusi dai politici che votano. Indipendentemente dalla qualità degli stessi.

I partiti “post-ideologici”, quelli nati dopo DC, PC e PSI, chi rappresentano esattamente?
I diritti civili, il problema dell’immigrazione, le battaglie sul fisco, da chi sono percepite come importanti? Quali sono i soggetti politici a cui sono rivolte?

Si tratta di temi rivolti a tutti, di fatto. Assistiamo a scontri politici continui su temi su cui francamente non si capisce perché bisognerebbe dividersi. Veramente si pensa che chi è di sinistra non abbia problemi con il sistema fiscale italiano? Davvero chi è di destra non ha a cuore i diritti civili?

Non penso sia così. Tutte le tematiche che hanno segnato la seconda repubblica sono state largamente “spinte” ideologicamente, caricate di propaganda. Solo estremizzandole, spingendole al parossismo, le persone si sono poi sentite coinvolte.

Sin dalle elezioni del ’94. Quelle elezioni sono sembrate a momenti uno scontro epico tra comunisti e liberali, tra visioni del mondo opposte. Ma non era mica vero. Non c’erano mica più i comunisti, era chiaro. E, alla fine si è capito, neanche i liberali.

La “sinistra” non ha forse spinto i diritti civili a livelli di retorica folli? Io penso di sì. Perché arrivare al punto di non riconoscere più l’esistenza dei generi, che è semplicemente un fatto?
Credo che si spinga su tematiche sempre più estreme proprio per marcare una distinzione su una tematica che di per sé non è affatto divisiva, o quantomeno, non lo è quasi più.

Che la stragrande maggioranza di questo Paese abbia a cuore le sorti delle persone che sbarcano dopo viaggi e sofferenze enormi, a me pare chiaro, sinceramente. Così come mi pare anche chiaro che ci siano delle problematiche legate all’immigrazione, in alcune zone in particolare, che non si può far semplicemente finta che non esistano.

Ma da qui a parlare di sparare sui barconi, di assurdità tipo l’invasione o la sostituzione etnica, certo ce ne corre. La “destra” spinge la tematica a livelli propagandistici insopportabili. E’ solo ad un livello tale di retorica che qualcuno effettivamente si va a schierare pro o contro qualcuno su un tema del genere.

Non possiamo continuare ad organizzare soggetti politici non rappresentativi su tematiche generiche e trasversali. Siamo finiti in separazioni politiche artefatte, mantenute in vita solo dalla spinta ridicola della classe politica in senso propagandistico ed estremo. Una retorica che poi resta, grazie a Dio, quasi esclusivamente verbale.

Poveri politici italiani

Ma la colpa non può davvero essere addossata tutta ai politici. Certo, non si può dire che la classe politica italiana degli ultimi trent’anni abbia brillato per visione, intuitività e concretezza. Ma come avrebbe potuto?

Se nella società non ci sono più soggetti politici di massa che esprimono idee politiche diverse ma largamente condivise, come si fa a fare buona politica? Si è, per forza, sempre in disaccordo anche all’interno di movimenti teoricamente omogenei.

Vogliamo davvero restare in questo stato di cose in cui le divisioni politiche sono causate da scontri personali? Carriere politiche fondate su rapporti personali, addirittura familiari, pare.

L’attuale crisi della rappresentanza non è colpa dei politici ma dell’incapacità della società in generale – anche dei politici, quindi – di organizzarsi, di interpretarsi. Per questo non votiamo più: non ci sentiamo parte di niente e nessuno può rappresentarci tutti come individui.

E’ perché voglio bene alla democrazia rappresentativa che mi piacerebbe sentirmi parte di un soggetto politico collettivo.

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